Una figlia come teTutta colpa del progesterone

Al secondo monitoraggio speravo di vedere qualcosina “muoversi”, invece il ginecologo di turno mi ha liquidata con un bel “attività contrattile assente” scritto a caratteri cubitali sulla mia sche...

Al secondo monitoraggio speravo di vedere qualcosina “muoversi”, invece il ginecologo di turno mi ha liquidata con un bel “attività contrattile assente” scritto a caratteri cubitali sulla mia scheda.

Capito? Neanche “scarsa”, proprio “assente”. Come a dire “Stai pure tranquilla che ad aspettare ci rimani ancora almeno altre due o tre settimane”. Certo, mica deve starci lui con la pancia e la valigia pronta (e soprattutto l’impazienza di chiamare Mr P. per una scena hollywoodiana sul genere “Caro, è ora!” – I due si guardano negli occhi, sorridono, mano nella mano volano in auto).

Per ora, insomma, niente cinema. Il che mi lascia sicuramente un po’ delusa ma anche con più tempo per dedicarmi ad altro. E calcolando che ho rimesso in ordine almeno due volte ogni armadio di casa (sì lo so, manca la libreria dello studio: ma ho deciso che può aspettare), per altro intendo qualcosa che non abbia a che fare con la casa né con le mie manie ossessivo-compulsive.

Che poi non sono sempre stata così. Quest’ansia da riorganizzazione mi è esplosa nelle ultime settimane. Certo, avrei dovuto notare un campanello d’allarme quando da giovane riordinavo i cassetti mettendo le magliette in ordine di colore o d’uso (cara Carla Gozzi, non ti sei inventata nulla). Ma avevo anche frequentissimi picchi di caos entropico che mi rassicuravano.

Altra patologia gravidica da cui sono stata colpita è la smemoratezza. Si dice che le donne incinte siano particolarmente sbadate. Ma figurati, mi dicevo io. Prima di dimenticare tutto ovunque.

Le chiavi della redazione a casa (proprio quella mattina in cui non ci sarebbe stato nessuno ad aprire), il telefonino in ufficio (torni a casa, parcheggi, e torni indietro a prenderlo): questo lo facevo anche prima. Poi sono salita di livello: l’amica che viene da fuori il giorno in cui hai preso altri due impegni (di cui peraltro te ne ricordi solo uno); il tizio che dovevi chiamare urgentemente (sì, ma chi era?); i panni in ammollo nella bacinella, di cui Mr P. si accorge dopo un giorno di immersione (si sono decomposti, nel frattempo); oggi ho preso l’acido folico e il magnesio? (Sono sicura di aver fatto dosi forfaittarie: a giorni zero, a giorni un paio di compresse).

I responsabili di cotanta disfatta sarebbero il progesterone e la relassina, due ormoni che servono a far allentare il tessuto muscolare in ogni punto del corpo femminile (cosa che già di per sé è spaventosa), e sono causa più o meno di tutto: dal bruciore di stomaco alla perenne caduta di qualsiasi oggetto dalle mani. Gli alti livelli di progesterone servono infatti ad allargare i vasi sanguigni a favore del flusso diretto al bebè: ma più sangue per lui significa meno per voi, e soprattutto per il vostro cervello.

Per combattere questo rilassamento fisico e mentale ho adottato la tecnica di fare tutto lentamente. Cammino come una lumaca, mi muovo a rallenty come in una scena di Matrix. Gli oggetti continuano a cadermi dalle mani (una volta in redazione mi sono rovesciata un bicchiere d’acqua addosso e ho finito la giornata in tuta, fortunatamente mi ero portata il cambio per andare a passeggiare al parco dopo il lavoro), ma almeno ho più tempo per gustarmi la scena.

Pare che molte mamme si chiedano se “torneranno come prima” dopo aver partorito. Mentre i ginecologi sono scientifici, le risposte peggiori arrivano ovviamente dalla saggezza popolare (o meglio dalla cattiveria?):

“È il primo figlio?”

“Sì è il primo (forse anche l’ultimo, guardi)”

“Uh, allora con lui partorirà anche una parte di cervello. Si scorderà tutto, vedrà”.

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