Si può cercare qualcuno da amare tra i byte del pc? Si può fare l’amore via webcam e godere senza toccare l’altro, senza sentirne l’odore, senza entrarci davvero dentro? Li chiamano amori virtuali e hanno l’ambizione di essere reali. E a volte lo diventano sul serio! Per strada, certo, ci si può perdere: in fondo, si tratta quasi sempre di relazioni a distanza, anche intercontinentale, e si sa, sostituire i pieni è più difficili, ma i vuoti, a riempirli ci metti un attimo.
Quando la mia amica si è resa conto che l’uomo di cui si era innamorata – senza averlo mai visto, se non in video, né toccato, se non nei sogni – “non c’era più” (non c’era al suo risveglio, via Skype, nonostante il fuso, e non c’era la sera nel suo letto, proiettato sul display del suo computer messo tra le lenzuola, come durante tutto il mese precedente), le è venuto un colpo.
Si erano detti che si amavano, in modo diverso dal solito, certo, ma si amavano; e si erano giurati che non era solo il bisogno di appagare solipsisticamente il desiderio: c’erano attrazione mentale, affinità emotiva “e tanto, tanto altro”. Ma lui, a un certo punto, si è tirato indietro. Come succede nella realtà, quando uno si ferma e l’altro va avanti e si accorge a un tratto di essere rimasto solo.
Amare un estraneo: questo, ora, dice di aver fatto lei: lo dice con amarezza e un po’ autoironicamente. Io, per confortarla, le ricordo che anche nella realtà amiamo sempre qualcuno che ci è estraneo, almeno in buona parte. Quello che mi colpisce è però il bisogno di dire “ti amo”, la voglia di rendere “perfetto” quello che non lo è, almeno a parole.
Perché non accettare la nostra mancanza e chiamarla per nome? Perché non guardare negli occhi la nostra solitudine senza cercare di renderla più dolce attraverso la finzione? Perché confondere i piani?
Poi, penso che, alla base, ci sia una trappola gigantesca: quella che ci porta ad amare un’idea e non una persona in carne ed ossa. Se è vero questo, allora che la si ami via Skype o mano nella mano, ha importanza?