Mercato e LibertàBambini, imparate l’Inno!

La politica è anche la creazione di miti, e quando non c’è nulla da mitizzare si cerca comunque di instillare un qualche senso di sacralità. Così in Italia si è deciso di insegnare a tutti i bambin...

La politica è anche la creazione di miti, e quando non c’è nulla da mitizzare si cerca comunque di instillare un qualche senso di sacralità. Così in Italia si è deciso di insegnare a tutti i bambini l’inno nazionale.

Vorrei spiegare un po’ di cose a quei bambini che saranno sommersi da una marea di melensa retorica sciovinista, perché non c’è alcun legame tra le belle parole che saranno costretti ad ascoltare e la realtà in cui si troveranno a vivere.

Questa è la triste realtà dei fatti:

  1. In Italia tutti cercano di vivere a spese di tutti gli altri. Chi ci riesce sul serio diventa “casta”, e sono una minoranza di politici, imprenditori protetti, dirigenti pubblici, sindacalisti, professionisti, banchieri etc. Molti altri godono di privilegi di piccolo cabotaggio, magari in un posto sicuro dove si lavora poco, o in un mercato senza concorrenza dove non devono preoccuparsi dei clienti. Molti altri infine difendono il sistema sperando di racimolare qualche briciola, o di entrare a far parte delle prime due categorie.
  2. Quando tutti cercano di vivere a spese altrui, nessuno produce: la torta diventa più piccola, l’economia ristagna e declina. I privilegiati di lusso fanno di tutto per mantenere la propria fetta di torta, i privilegiati di piccolo cabotaggio fanno lo stesso, e il risultato è che chi non ha santi in paradiso paga l’intero costo della crisi: cari bambini, questo sarà il vostro futuro. Il potere serve a mangiare fette di torte che non si è contribuito a preparare, e a costringere i commensali a pagare per ciò che non hanno mangiato. In Italia il potere sposta centinaia di miliardi: non serve essere utili alla società, quando qualcun altro è costretto a pagare il conto.
  3. C’è un sacco di gente che non ha molto da dare al paese, ma che ha una posizione sociale ed economica sproporzionata al suo contributo. Queste persone sono per la conservazione dello status quo: hanno solo da perdere dalle riforme. Si possono chiamare ‘sottoproletariato’, ma spesso è un sottoproletariato di lusso: pensate a quanti giornalisti vivono di contributi alla stampa, quanti politici vivono della moltitudine di enti locali, fondazioni, controllate, partecipate, quanti avvocati, notai o commercialisti vivono dell’insensata ipertrofia regolativa italiana.
  4. In Italia tutti imparano, sin da piccoli, che chinare il capo e obbedire sono la strada per il successo: “attacca l’asino dove vuole il padrone”, “fatti sordo e fingiti tonto”, “la ragione è dei fessi” sono la servile saggezza popolare di un popolo che non ha mai conosciuto la libertà e la dignità. E imparano anche che la strada per la ricchezza non passa per la produzione di ricchezza, ma per l’appropriazione della ricchezza altrui: l’economia italiana è una gara di corsa dove i concorrenti non cercano di correre, ma di far inciampare gli altri. Si pensa che il benessere si ottenga non facendo meglio, ma costringendo gli altri a fare peggio.

Chiaramente i precedenti quattro punti sono molto astratti, e forse servirebbe qualche esempio pratico per capire ciò di cui sto parlando. Potrei parlare del sistema previdenziale e della triste storia della sua riforma, del mercato del lavoro, della disoccupazione di massa precedente alle riforme, e della sottoccupazione di massa a loro successiva, di leggi che si applicano solo quando fanno comodo, dello stato di polizia fiscale, della giustizia civile più lenta del mondo, della scuola che costa tanto e produce poco, di regolamentazioni fatte per preservare oligopoli e monopoli, di una finanza pubblica disastrosa.

Ovunque si volga lo sguardo, si vede che Tucidide aveva perfettamente ragione a dire che la giustizia è solo questione tra eguali, perché i forti fanno ciò che vogliono, e i deboli soffrono ciò che devono. E voi bambini siete i milesi, e rischiate di fare la loro fine.

Invece di perder tempo a imparare Mameli e a sforzarvi di credere che questo paese abbia qualcosa di cui andar fiero (sto parlando di politica, non di affreschi e sculture), secondo me dovreste capire come funzionano le istituzioni, la politica, le leggi, e sforzarvi di non rassegnarvi a questo schifo. Lo Stato Italiano è un monumento al cinismo più abietto, e per quanto abbia anch’esso i suoi veri eroi, si pensi a Falcone o Borsellino, e nonostante ci siano al suo interno molte persone oneste e preparate, sono solo minoranze che lottano duramente, e spesso invano, per migliorare le cose.

Ora che sapete tutto ciò, sforzatevi di trovare un modo per cambiare questo paese: non sia mai che tra cinquant’anni avremo finalmente un motivo decente per cantare l’inno.

Pietro Monsurrò

@pietrom79

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