Considero disvalore ogni forma di morte, una lama, un rogo, un tumore.
Considero disvalore i rifiuti tossici sversati a tonnellate nei campi.
Considero disvalore la coca nelle basi, il ghigno del boss,
le quattordici botte sul corpo di Lino Romano, i padri che seppelliscono i figli.
Considero disvalore il mero ricordo di una terra fertile
e quella che oggi non vale niente.
Considero disvalore tutte le ferite.
Considero disvalore inquinare acqua, bruciare rifiuti tossici,
tacere sempre, disinteressarsi di un grido, restare per ore in piedi alla fermata del bus,
provare ingratitudine e rabbia senza ricordare perché.
Considero disvalore dover chiudere, d’estate, le porte di una stanza,
e non sapere da dove proviene la diossina che si poserà sul bucato.
Considero disvalore la migrazione forzata dei miei fratelli, la clausura di un intellettuale,
l’ammirazione verso il condannato, qualunque colpa sia.
Considero disvalore l’uso del verbo odiare e l’ipotesi che tutto ciò dipenda da un creatore.
Considero disvalore il cemento di Bagnoli, il divieto di balneazione, le luci spente della periferia,
i rifiuti sopra l’asse mediano e quelli seppelliti sotto.
Considero disvalore vedere i negozi chiusi, andare in Afghanistan per accendere un mutuo,
scrivere un articolo per tre euro, dover scegliere tra lavorare senza diritti o non lavorare affatto .
Considero disvalore ragionare per stereotipi,
pensare che la propria terra sia la più bella di tutte ma tenersi ben lontano dal viverci.
Molti di questi disvalori ho conosciuto.