Domenica c’è il ballottaggio per le primarie del centrosinistra. Ma siamo sicuri che stiamo votando nel modo giusto? Non mi riferisco alle regole che Renzi vuole rivedere su chi abbia diritto o meno a votare, ma, ancor più a monte, a come la nostra preferenza viene tradotta in voto. Siamo sicuri che non esistano modi più adatti rispetto al brutale “scegli questo o quello mettendoci una bella croce sopra”?
Supponiamo, come nel caso semplice del ballottaggio alla primarie di domenica prossima, che i candidati siano solo due: A e B. Il meccanismo prevede che il singolo elettore fornisca una risposta binaria: no (0) o si (1). Dato che è ridondante assegnare entrambi i valori, viene richiesto di esprimere solo l’indicazione “si” (1) mettendo una croce sul candidato preferito. Si contano gli “1” e vince chi ne ottiene di più.
Ora, supponiamo che a me piaccia tutto di A e nulla di B. In tal caso il metodo sopra illustrato funziona egregiamente. Ma se invece io fossi convinto solo al 60 per cento da A e al 40 per cento da B? In tal caso sarei costretto ad agire come se A mi piacesse in toto e B proprio per nulla. Ma non è la stessa cosa e ciò non è irrilevante in termini di risultato finale.
Vediamo perché attraverso un caso semplice. Consideriamo 5 elettori che devono scegliere tra A e B. Supponiamo che le preferenze di ciascun specifico elettore siano: 55, 55, 55, 10, 10 per il candidato A e (in modo complementare) 45, 45, 45, 90, 90 per il candidato B. Se si utilizza il metodo tradizionale vince A. Se invece si tiene conto del grado di preferenza si ottiene una somma pari a 185 per A e a 315 per B. In questo secondo caso sarebbe B ad imporsi (e nettamente).
Qual è allora, tra i due candidati, quello che piace di più all’elettorato? Quale, tra i due metodi di voto, quello che minimizza la distanza dei cittadini da chi andrà a governare?
Tra l’altro, nel caso di voto elettronico (quando ci si arriverà) non cambia tecnicamente nulla tra assegnare 100 a un candidato e 0 a tutti gli altri, o invece distribuire il 100 a piacimento tra le opzioni in campo. Riguardo invece alla sostanza, gli elettori avrebbero nel secondo caso il vantaggio di poter esprimere in modo più flessibile la loro preferenza. Non è un’idea balzana visto che viene utilizzato un criterio analogo in molte competizioni sportive che prevedono che a vincere sia chi ottiene la somma più alta del punteggio dato da un gruppo di giudici.
Potrebbe essere divertente fare una prova con il caso specifico che si pone domenica. Voi avendo 100 punti a disposizione dareste tutto a Bersani o tutto a Renzi? O invece 60 al primo e 40 al secondo? Oppure 25 di usato sicuro e 75 di rischio sul nuovo vi sembra la combinazione in cui vi riconoscete di più? Non si tratta di essere indecisi, ma di esser portatori di una preferenza complessa e la semplificazione non è né indolore e né, come abbiamo visto, irrilevante in termini di risultato finale.