È attesa per il 2013 nel Regno Unito l’uscita del documentario sull’uomo che sta dietro le illustrazioni di Paura e disgusto a Las Vegas. A quando una data italiana?
È passato poco più di un mese da quando il biopic di Charlie Paul sul disegnatore, scrittore e visual polluter Ralph Steadman è apparso in prima visione mondiale all’ultimo London Film Festival. In competizione per il titolo di miglior documentario (assegnato poi a Mea Maxima Culpa: Silence in the House of God di Alex Gibney, sugli scandali di pedofilia nella chiesa cattolica statunitense), For No Good Reason è un ritratto complesso e più che godibile dell’illustratore divenuto celebre come alter ego grafico di Hunter S. Thompson.
Alla proiezione per il pubblico c’erano tutti: il direttore creativo del Festival, Charlie Paul e sua moglie (che il film l’ha prodotto con la compagnia Itchfilm, specializzata in animazioni 3D), il pacioso labrador nero del regista, Beanie, con un collare di nastro rosso. C’era anche Ralph Steadman in persona, seduto tra il pubblico: quando, nell’introdurre il film, Paul ha spiegato che gli ci sono voluti quindici anni per girarlo e che sperava che da un tale sforzo fosse uscito qualcosa di buono, Steadman ha urlato dalla poltrona “Sarà anche meglio!” scatenando ululati di risate e applausi.
Il trailer ufficiale del film.
Sono una fan tardiva di Hunter S. Thompson, l’ho scoperto per vie traverse: tutto iniziò dalla recensione di The Rum Diary – cronache di una passione, che andai a vedere su commissione quando uscì in Italia. Da persona coscienziosa, prima di recensirlo mi documentai leggendo e vedendo l’essenziale, ovvero Fear and Loathing in Las Vegas nell’edizione Bompiani (con l’utilissimo dizionario per uscire dalla selva di nomi di stupefacenti del libro) e nella splendida versione di Terry Gilliam: era un’impresa eroica adattare un romanzo di culto, l’ex Monty Python ce l’ha fatta egregiamente. E Johnny Depp (che, per il resto, col suo fascino gitano mi lascia abbastanza indifferente) è quasi più piacente in questo film, senza capelli e con pantaloncini hawaiani.
[Dimenticate The Rum Diary, non vale neanche un terzo del film di Gilliam: se riuscite, piuttosto, recuperate un film relativamente oscuro che non ha raggiunto l’Italia, Where the Buffalo Roam con l’immenso Bill Murray nella parte di Thompson.]
Se Hunter S. Thompson e il giornalismo gonzo sono ormai un fenomeno di culto, anche Steadman non scherza: sarà perché gioca in casa (è nato nel Cheshire), ma la sala a Leicester Square era piena di pubblico di tutte le età, emozionato e applaudente. Di motivi per applaudire ce ne sono parecchi: il biopic è completo, dettagliato, pieno di invenzioni visive e grafiche (per la prima volta nella storia, i disegni di Steadman per Paura e disgusto sono diventati delle animazioni), una vera ghiottoneria per gli appassionati e una miniera di scoperte per chi (come me) poco o nulla sapeva dei lavori di Steadman al di là delle collaborazioni con Thompson.
L’attenzione dedicata al processo creativo è l’aspetto più interessante di tutto il documentario: con quindici anni di lavorazione alle spalle, il regista (che è anche direttore della fotografia) ha potuto aggiornare le tecniche di ripresa, finendo col piazzare una foto-videocamera digitale sopra al tavolo da lavoro di Steadman, per catturare ogni momento del suo lavoro dalla tela bianca al dipinto finito. Attraverso le opere dell’illustratore inglese scorrono davanti ai nostri occhi quasi cinquant’anni di storia politica e sociale, degli Stati Uniti ma anche europea, in una daily pursuit of art: dal Kentucky Derby (depravato e decadente), al match Foreman vs. Ali in Zaire, fino alla maratona di Honolulu e al cinquantenario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Disegni spesso anticonvenzionali, audaci, che quasi superano per provocatorietà i testi che vogliono illustrare, perfino dello stesso Thompson.
Certo, For No Good Reason ha i suoi difetti: un po’ troppo celebratorio, con una colonna sonora a tratti irritante, si sofferma con insistenza su aspetti del lavoro di Steadman che interessano fino a un certo punto – che ci importa sapere quanto sono valutate le sue litografie, e se le firma a penna o a matita? Inoltre, la scelta di chiamare Johnny Depp (con tutto il suo armamentario di anelli e cappelli) per intervistare Steadman sa un po’ di trovata pubblicitaria, anche se plausibile dato l’amore viscerale del bellissimo per la sua arte.
Ma queste sbavature restano in secondo piano: l’arte corrosiva di Steadman invace lo schermo in tutta la sua potenza, lasciando a bocca aperta chi è in sala. Attraverso l’inchiostro sbavato dei suoi disegni è possibile sentire l’urgenza espressa dall’artista: se non quella di cambiare il mondo, almeno quella di fare la differenza, di essere d’ispirazione per qualcuno. Per nessuna buona ragione.
For No Good Reason uscirà nelle sale inglesi a inizio 2013.