Si apre domani a Basilea il Convegno sul Congresso dell’Internazionale socialista del 24 novembre 1912 e sulla sua attualità nel mondo contemporaneo. Un’occasione per fare il punto sulle linee di continuità e di frattura del difficile rapporto fra sinistra europea e conflitti internazionali dai primi del Novecento ai giorni nostri.
Il Novecento potrebbe essere descritto come il secolo degli interventi umanitari. Dal Kosovo al Medio Oriente, dall’Afghanistan alla Libia, l’uso della forza per dirimere conflitti internazionali o porre rimedio a gravi violazioni dei diritti umani è il modo con cui la comunità internazionale ha affrontato le crisi di un secolo che ha assistito, oltre alle due guerre mondiali, a una serie di conflitti post-coloniali, di rivalità etniche e di lotte intestine che si trascinano ancora oggi. Attualmente nel mondo si contano 338 focolai di guerra, di cui 38 di particolare gravità. Di fronte a questi scenari, la sinistra europea – come è risultato evidente durante il conflitto in Kosovo negli anni Novanta, la spedizione militare in Libia nel 2011, la guerra civile che da mesi insanguina la Siria e, da ultimo, la crisi di queste ore a Gaza – ha spesso dimostrato un atteggiamento incerto e ambiguo.
L’approdo della sinistra europea a posizioni di contrarietà alla guerra ha una storia lunga e contrastata, che inizia proprio nei giorni della prima guerra balcanica dell’ottobre 1912 e trova il primo grande momento di confronto e di dibattito durante il Congresso straordinario della Seconda internazionale socialista, che si svolse a Basilea dal 24 al 26 novembre 1912. E’ lì che il tema della pace e della guerra, e segnatamente quello dell’atteggiamento della grande tradizione della socialdemocrazia europea verso un eventuale ricorso alla forza per dirimere contrasti internazionali, contribuì in modo decisivo a definire limiti e contorni del lungo processo di fondazione della sinistra europea. Ed è lì che i dissidi e le differenziazioni tra le diverse componenti della Seconda Internazionale nata nel 1889, fra la cosiddetta “destra revisionista” di Eduard Bernstein, il “centro ortodosso” di Karl Kautsky, la “sinistra rivoluzionaria” di Lenin e Rosa Luxemburg, vennero chiaramente alla luce, di fronte all’agghiacciante chiarezza sulle prospettive del mondo che emergevano invece nell’Europa dei grandi Imperi. Ma l’interesse del convegno che si apre domani a Basilea, come ha ribadito anche Wolfram Wette, ordinario di Storia contemporanea all’Università di Friburgo in Brisgovia e uno dei curatori della manifestazione, è la finestra aperta sull’attuale congiuntura internazionale e sul dibattito relativo al ricorso alla guerra per risolvere i problemi insorti sulla scena internazionale del dopo “guerra fredda”.
Con la guerra in Siria e i bombardamenti a Gaza delle ultime ore, pace e guerra ritornano infatti a essere fattori di confronto e scontro per la sinistra europea. E’ stato così anche in occasione della guerra del Golfo, con il Kosovo, con i bombardamenti in Afghanistan. In quelle circostanze però non è stato chiaro a vasti strati dell’opinione pubblica democratica europea che quelle scelti militari, comunque motivate, contribuivano a alimentare una nuova concezione dell’ordine mondiale nel quale il ricorso alla guerra tornava ad essere un fattore normale e permanente. E la dissoluzione di un’autonoma funzione dell’Europa non è solo un problema geopolitico, relativo al ruolo della parte del mondo in cui viviamo e che nel bene e nel male resta la culla della sinistra che trae le sue origini dal movimento operaio, ma costituisce una questione cruciale per la qualità della democrazia e per le vie che imboccherà il suo sviluppo storico. Anche per questi motivi, i lavori che si aprono domani a Basilea costituiscono un indubbio elemento di interesse, non solo per gli addetti ai lavori, ma anche per il grande pubblico.
Il convegno internazionale di studi Guerra e pace. A 100 anni dal Congresso straordinario “Contro la guerra” dell’Internazionale socialista del 1912 a Basilea e la questione della pace oggi (titolo originale: Krieg und Frieden. 100 Jahre Ausserordentlicher Kongress “Gegen den Krieg” der Sozialistischen Internationale von 1912 in Basel und die Frage des Friedens heute) si tiene all’Università di Basilea dal 22 al 24 novembre 2012 con la partecipazione di oltre 70 relatori di diversi paesi. Qui il programma in tedesco e gli abstracts in inglese dei principali interventi.
Cento anni fa, il 24 novembre 1912, il Congresso straordinario “Contro la guerra” dell’Internazionale socialista di Basilea vide la partecipazione di oltre 500 delegati provenienti da 23 paesi. Si svolse in concomitanza della prima guerra balcanica, scoppiata l’8 ottobre 1912, quando il Montenegro dichiarò guerra all’Impero ottomano. Pochi giorni dopo si unirono al Montenegro i suoi alleati Bulgaria, Serbia e Grecia, uniti nella Lega Balcanica, estendendo il conflitto a tutta la penisola balcanica. Il clima di quei giorni è riprodotto in una serie di illustrazioni del settimanale satirico tedesco Simplicissimus, che nei mesi del conflitto – concluso dal Trattato di Londra del 30 maggio 1913 – dedicò articoli e commenti alla crisi dei Balcani e al ruolo della sinistra europea negli scenari continentali dominati dagli Imperi centrali, da Francia, Russia e Inghilterra.