Un altro NordestIl Nordest di Lago e le Venezie da (re)inventare

Non solo l’economia ma la stessa identità del Nordest stanno attraversando una crisi di identità. Giorgio Lago, compianto direttore del Gazzettino, fu colui che in un certo senso lo inventò questo ...

Non solo l’economia ma la stessa identità del Nordest stanno attraversando una crisi di identità.

Giorgio Lago, compianto direttore del Gazzettino, fu colui che in un certo senso lo inventò questo Nordest. La parola stessa denota le origini di un territorio partito povero e divenuto velocemente ricco – grazie a lavoro-meningi-fatica – che volle prendere le distanze da Milano, da cui è a Est e da Roma, perché a Nord.

Ma la globalizzazione ha infranto ogni coordinata. E anche l’imprenditore oggi non è più il pioniere solitario con la valigetta che gira il mondo e vende, parlando il dialetto e scrivendo su un foglio di carta i numeri della contrattazione per poi stringere la mano ad affare fatto.

Perché c’è bisogno di un nuovo senso?
Per recidere col passato e ri-orientarsi guardando al futuro.

Giorgio Lago fu un uomo che, lontano dagli stereotipi, seppe dare orgoglio a questa terra. Fu una questione di rappresentazione prima di tutto. E il Nordest, lo si deve dire, ha sempre comunicato poco e male se stesso per incuranza o per una tendenza, forse genetica, a fare da sé senza disturbare o chiedere mai ad alcuno.

Perché adesso c’è bisogno delle Venezie? A molti potrebbe sembrare un ritorno al passato, a un lessico oramai desueto da tempi andati. Vero, persino io sono scettica. Ma la grande forza del Meeting della Cultura che si svolgerà a Venezia dopodomani con il compito – all’interno del Salone Europeo della Cultura 2019 – di definire l’agenda per la candidatura europea di quest’area vasta che va da Bolzano a Trieste, è proprio quello di rimettere in gioco tutto. Persino il vocabolo.

Questa terra sta iniziando un lungo percorso di riposizionamento. E come spesso accade c’è bisogno di qualcuno che indichi una strada da seguire. Prendere in considerazione di cambiare anche il nome non è solo un’operazione di brand. Ma di tempi – odierni o strani, come direbbe Ilvo Diamanti – che non hanno più a che fare col passato.
La domanda da porsi è dunque: il Nordest esiste ancora?

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