di GUIDO FERRADINI – http://www.officinedemocratiche.it
Senza scomodare Giambattista Vico e la sua teoria dei sui corsi e ricorsi storici, credo che il momento stiamo vivendo sia la riedizione di cose già viste. La fine del 19° secolo aveva visto la prima “globalizzazione”, l’apertura del commercio mondiale, le nuove invenzioni e la rivoluzione industriale. L’economia mondiale ne era uscita profondamente trasformata. Ma la cosidetta “Gilded Age” aveva portato non solo una grande crescita, ma anche un mondo diseguale: ricchezza enorme e grande povertà.
Nelle parti più evolute dell’occidente, proprio a partire dall’alba del nuovo secolo, il divario crescente tra ricchi e poveri (senza tralasciare la crescente paura del Comunismo) aveva generato un’ondata di riforme, delle quali furono protagonisti, più di altri, Theodore Roosevelt negli USA e Lloyd George in Gran Bretagna. I governi iniziarono a favorire la concorrenza, introdussero la tassazione progressiva ponendo le basi per un, sebbene primitivo, sistema sicurezza sociale.
L’obiettivo di questa nuova “era progressista”, era rendere la società più giusta senza però che ciò impattasse la crescita.
Dopo più di un secolo siamo di nuovo allo stesso punto. Ma situazione è peggiore. La crescita la registriamo solo in alcun paesi, mentre i campioni della democrazia sperimentano un preoccupante stallo della crescita e una montante diseguaglianza.
La politica moderna ha bisogno di trovare nuove chiavi per attenuare la disuguaglianza, senza danneggiare la crescita economica.
Il problema è come.
Il dibattito è già da tempo al centro del dibattito politico, ma i risultati sono scarsi. Eppur qualcosa si muove. Lo abbiamo visto nella recente campagna presidenziale negli USA. Il punto è che non è possibile cedere a ricette apparentemente facili cedendo alla pressione delle folle, come è recentemente accaduto in Francia con François Hollande che ha introdotto l’aliquota del 75% sul reddito massimo, per poi fare rapidamente marcia indietro con una serie di misure di segno opposto (come ci ha ricordato Giuliano Da Empoli nel suo intervento alla Stazione Leopolda a Firenze, in occasione della kermesse Viva l’Italia Viva).
Quello che si osserva nel panorama politico attuale è una cronica mancanza di idee. Perché la Destra tradizionale non è ancora convinta che la disuguaglianza conti.
Perché la posizione di default della Sinistra storica è quello di aumentare le aliquote fiscali per i ricchi e incrementare la spesa pubblica, con un facile (quanto fallace) richiamo alle politiche keynesiane; e dimenticando che gli stati dell’occidente son tutti gravati da debiti enormi e sono divenuti molto più grande di quanto Roosevelt o Lloyd George avrebbero potuto immaginare.
Un ripensamento è necessario!. Questo ripensamento è quello che ci ha ispirato nella redazione del programma delle primarie per Matteo Renzi e che potremo chiamare, rubando una felice espressione di un pezzo apparso mesi fa sulla rivista Economist “vero progressismo”.
Da qui la necessità di un nuovo ordine del giorno.
Da qui è la nostra proposta, che riunendo le nuove idee da sinistra ed appropriandosi di alcune ricette (giuste) che propriamente di sinistra non sono, affronta la disuguaglianza rilanciando la crescita.
Le linee che abbiamo seguito sono state sostanzialmente tre.
Riforme per favorire la vera competizione.
La priorità deve comportare un attacco rooseveltiano ai monopoli e gli interessi acquisiti.
Accanto ad una semplificazione e lo snellimento dei processi. Occorre dare vita ad una stagione di liberalizzazioni per incentivare la vera concorrenza. Mi sia dato ricordare che non è un caso che l’uomo più ricco del mondo, Carlos Slim, è diventato ricco con le telecomunicazioni , un settore dove la pressione della concorrenza era bassa e i tariffe alle stelle.
In questo campo c’è un sacco da fare.
Senza dimenticare che solo una piccola parte dell’economia dell’Unione europea è un vero mercato unico.
Dobbiamo porre nuove regole alle Banche. Separare le attività commerciali da quelle di investimento. Dobbiamo intervenire sul sindacato acchè sia collaborativo – come in Germania- e non più conflittuale, secondo il modello anni settanta caro a tanti dirigenti del PD. Dobbiamo riformare il mondo del lavoro come ci raccontava – sempre ieri in modo mirabile – il professor Pietro Ichino, alla Leopolda
Il secondo settore di intervento è la spesa pubblica
Questa deve avere come destinatari privilegiati i poveri e i giovani. Con una grande riforma del welfare. La Svezia lo ha fatto. Perché non possiamo fare lo stesso? E’ dato acquisito innegabile che le società invecchiano perché si allunga la vita media;i governi non possono sperare di ridurre i costi delle pensioni di anzianità; ma certo possono intervenire per ridurre il ritmo di aumento della spesa. Sotto questo profilo abbiamo accolto con favore riforma Fornero sulle pensioni.
Dobbiamo infine ridurre il costo della spesa pubblica intermediata.
Ma è ancora l’istruzione che avrà un ruolo fondamentale.
La prima era progressiva aveva portato all’introduzione dell’obbligatorietà della scuole secondarie. Questa volta l’obiettivo sarà l’istruzione prescolare a divenire il centro della forza riformatrice. Da questa idea nasce la proposta di aumentare il numero dei bambini con un posto garantito negli asili nido. Ancora. I disoccupati non dovranno solo essere sussidiati, ma dovranno essere aiutati nella loro riqualificazione, perché diventino nuovo motore di sviluppo..
Infine il terzo punto. Le tasse.
Il sistema impositivo non deve essere concepito per “punire” i ricchi, ma diretto a raccogliere fondi in modo più efficiente ed in modo più progressivo.
In un paese come l’Italia, dove l’evasione fiscale è diffusa, l’attenzione dovrebbe essere finalizzata a diminuire la pressione fiscale, rendendo però più efficace l’accertamento. Su questo il programma Renzi è straordinariamente dettagliato. Dovremo eliminare le deduzioni a beneficio delle parti più ricche della popolazione, dovremo ridurre il divario tra le aliquote fiscali sui redditi da lavoro dipendente e sui redditi di capitale, e sfruttare le imposte che si sono dimostrate più efficienti, come – di recente fatto dal governo Monti coll’introduzione dell’IMU.
Potrei continuare per ore. Ma basta leggere il programma, avendo in mente queste poche cose che vi ho detto, per capire che il nostro programma nasce sulla base di un approccio empirico, prendendo ad esempio le best practices in giro per il mondo. Superando le tradizionali proposte della Sinistra.
Se… anzi, quando toccherà a noi, sapremo cosa fare.
Quando toccherà a noi, vorremmo davvero iniziare una era di maggiore e diffuso benessere.
Quando toccherà a noi vorremmo che la storia potesse parlare un giorno dell’inizio della nuova era del Vero Progressismo.