Un altro NordestLe nomine di Cassamarca e il Paròn De Poli

«Aveva un consiglio De Poli prima in banca e poi alla Fondazione. Finché la banca esistette quale unica entità, De Poli dovette sopportare una qualche dialettica ma quando la Fondazione apparve sul...

«Aveva un consiglio De Poli prima in banca e poi alla Fondazione.
Finché la banca esistette quale unica entità, De Poli dovette sopportare una qualche dialettica ma quando la Fondazione apparve sulla scena gli organi di questa divennero docili strumenti nella mani del Paròn. La disciplina della nomina degli amministratori era contenuta nello statuto della Fondazione ed era stata concepita nell’indifferenza generale. Se prima, nella Cassa di Risparmio, il Comune di Treviso nominava un consigliere, un altro Castelfranco, un altro la Provincia, un altro la Camera di Commercio e così via nel consiglio di indirizzo della Fondazione le cose cambiarono, apparentemente di poco. Degli enti che nominavano sopravvissero solo quelli che ho appena citato nel mentre, senza che ve ne fosse alcuna ragione immediatamente comprensibile, le università di Padova e di Venezia si aggiunsero al novero dei chiamati a nominare. Se non che questi enti non provvedevano più a una nomina diretta e immediatamente efficace ma dovevano indicare una terna di nomi dai quali la Fondazione poteva scegliere. Si dirà: sai che problema! Basta mettere nella terna due persone sgradite a De Poli e così egli rimane con una sola vera candidatura. Forse, ma non è mai andata così».

Scrive così Massimo Malvestio nel suo ultimo libro «Mala gestio» edito da Nordesteuropa e Marsilio editori.

Perché ho recuperato questo pezzo? La notizia di oggi è che la Fondazione Cassamarca (azionista con lo 0,7% di Unicredit) ha nominato il Consiglio di indirizzo per il prossimo quinquennio.
«Nomine all’insegna della continuità» ha spiegato il presidente Dino De Poli. E la prima «che continua» è la sua.

Nato a Treviso nel 1929, nel 1987 viene eletto alla presidenza di Cassamarca, e nel 2000 passa alla Fondazione, che guida tutt’ora. La sua è l’unica candidatura in essere per il prossimo mandato 2013-2018, visto che la poltrona scade quest’anno.
Oggi il rettore dell’Università Ca’ Foscari, Carlo Carraro – in rotta con la Fondazione – ha parlato di «rottamazione».

Vale la pena ricordare che il Consiglio indirizzo e programmazione è l’organo più importante di ogni Fondazione. Il perché è scritto nello statuto di Cassamarca: definisce priorità e obiettivi, sorveglia la Fondazione stessa nel «perseguimento degli scopi istituzionali e nella difesa del valore del patrimonio». Ma anche: nomina e revoca gli Organi di Attuazione e Amministrazione e di Controllo; esercita azione di responsabilità nei confronti dei componenti della Fondazione, decide su eventuali trasformazioni e fusioni, sulle indennità dei componenti e compensi.

Ora ne fanno parte: Dino De Poli, Ulderico Bernardi, docente nell’Università Ca’ Foscari di Venezia, Luca Antonini, dell’Università di Padova, Ferruccio Bresolin, professore emerito Università Ca’ Foscari di Venezia, Carlo Pagotto, imprenditore e Ubaldo Fanton che è un ingegnere (tutti confermati dalla precedente gestione). Entrano: Pietro Semenzato, ingegnere, amministratore unico Appiani srl (società strumentale della Fondazione che ha chiuso il 2011 con una perdita superiore a 3 milioni), l’avvocato Gianfranco Gagliardi, già dipendente della Fondazione, amministratore unico di Teatri e Umanesimo Latino Spa, che è un’altra strumentale e infine l’architetto Giovanni Squizzato.

E’ però anche importante leggere lo statuto per capire il meccanismo, come spiega Malvestio. L’organismo viene infatti eletto a gruppi di tre: tre candidature le propone il Consiglio uscente «su indicazione del presidente»; e ha fatto il nome di De Poli, Gagliardi e Semenzato. Quest’ultimi, che gestiscono le due strumentali, si troveranno nel Consiglio che deve controllare e vigilare la loro attività (vigilanti e vigiliati?). Poi ci sono le terne dei sei soci di Fondazione su cui il Consiglio e De Poli che lo presiede ha l’ultima parola.

Scrive Malvestio: «I nominati dagli altri enti, anche se ampiamente dotati dei mezzi culturali per poter essere efficaci interlocutori di De Poli, sparirono dall’orizzonte lasciando che la Fondazione fosse De Poli e De Poli la Fondazione. Per capire bene quale abominio sia stato perpetrato sul piano giuridico con la legge sulle Fondazioni basti pensare che il collegio dei sindaci è legittimamente nominato dal consiglio di indirizzo e, non come sarebbe stato sensato, da un soggetto terzo rispetto a tutti i soggetti che avrebbero dovuto essere controllati dal collegio».

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