Israele viola i diritti umani dei palestinesi, minando la possibilità di una pace giusta e duratura nella regione, e per questo gli Stati Uniti dovrebbero riconsiderare gli aiuti militari che inviano al governo attualmente guidato da Benjamin Netanyahu. Ad avanzare la richiesta, già qualche settimana fa, prima dell’esclation di violenza degli ultimi giorni nella regione,15 leader cristiani statunitensi che hanno scritto una lettera ai componenti del Congresso.
«Per decenni abbiamo sostenuto israeliani e palestinesi nel loro desiderio di vivere in pace», scrivono i 15, e, «attraverso questa esperienza, abbiamo potuto toccare con mano il dolore e la sofferenza causate agli israeliani dai palestinesi e ai palestinesi dagli israeliani». «Purtroppo – proseguono – gli incondizionati aiuti militari degli Usa a Israele hanno contribuito al deterioramento della situazione, alimentando il conflitto e minando le speranze di sicurezza a lungo termine dell’una come dell’altra parte». Accuse che, proseguono i leader cristiani, trovano conferma nel report sui diritti umani prodotto nel 2011 dal Dipartimento di Stato Usa che «descrive le diffuse violazioni dei diritti umani commesse da Israele contro i civili palestinesi, molte delle quali compiute attraverso l’uso improprio di armi fornite dagli Usa».
I 15 lamentano poi che il governo di Israele ha disatteso le politiche Usa che mirano al raggiungimento della pace: «In particolare, le ripetute richieste da parte del governo di fermare gli insediamenti sono state ignorate. Dal 1967, tutte le amministrazioni succedutesi alla Casa Bianca hanno denunciato che gli insediamenti israeliani nei Territori Occupati sono di ostacolo alla pace. Ciononostante, Israele continua a espandersi in Cisgiordiania e a Gerusalemme Est, reclamando territori che per il diritto internazionale e le politiche statunitensi dovrebbero appartenere a un futuro Stato palestinese». «Vogliamo essere chiari», proseguono, «ci rendiamo conto che Israele ha il diritto e il dovere di proteggere il suo territorio e i suoi cittadini. Tuttavia, le misure che mette in campo devono essere conformi al diritto umanitario internazionale».
«È nostra responsabilità morale – scrivono ancora i 15 – mettere in discussione gli incondizionati aiuti finanziari degli Usa al governo di Israele» che servono «solo a mantenere lo status quo e l’occupazione militare israeliana nei Territori Occupati». «Di conseguenza – concludono –, chiediamo un’immediata indagine sulle possibili violazioni da parte di Israele del Foreign Assistance Act (che proibisce aiuti e assistenza a ogni Paese coinvolto in violazioni dei diritti umani) e dell’Arms Export Control Act (che limita l’uso di armi statunitensi per la “sicurezza interna” e la “legittima difesa”) e invitiamo il Congresso a effettuare un controllo accurato per assicurarsi che il nostro aiuto non sostenga azioni del governo israeliano che minano prospettive di pace».
L’organizzazione pacifista ebraica Jewish voice for peace ha deciso di sostenere l’iniziativa. Il sostegno militare incondizionato a Israele è l’ostacolo principale a una pace giusta e duratura nella regione, ha affermato, e quindi anche alla tanto sbandierata sicurezza di cui il governo di Netanyahu ammanta ogni sua decisione. «Come i nostri colleghi cristiani – si legge nel documento firmato dal Consiglio rabbinico del Jewish for peace – siamo turbati dalle violazioni dei diritti umani commesse da Israele ai danni dei civili palestinesi, molte delle quali attraverso l’uso improprio di armi statunitensi». «In questa fase di recessione economica, il Congresso ha messo sotto la lente d’ingrandimento tutti i programmi di assistenza nazionale, compresi quelli riguardanti la sicurezza sociale, per assicurarsi che siano a norma di legge. Perché il sostegno militare a Israele deve essere esentato da questo controllo?». «Mentre qualcuno potrebbe pensare che pretendere che l’assistenza a Israele rispetti determinati criteri possa comprometterne la sicurezza, noi crediamo l’esatto opposto. Come primo alleato di Israele, gli Stati Uniti sono in grado di creare la leva che potrebbe indurre Israele a mettere fine a quelle politiche che impediscono una pace giusta tra israeliani e palestinesi».