Forse non tutti ricordano che Virginio Brivio, il sindaco di Lecco che da qualche giorno gira con un vigile guardaspalle perché minacciato dalla ndrangheta, due anni e mezzo fa è diventato sindaco della città del Manzoni battendo al primo turno nientepopodimeno che Roberto Castelli.
Incredulo, lui stesso di come un risultato possibile fosse potuto accadere.
La cronista che scrive gli telefonò il giorno dopo per capire di piu’ dalla voce del diretto interessato. Rispose ancora frastornato che probabilmente ce l’aveva fatta perché lui la città l’aveva battuta palmo a palmo. L’altro, Castelli, il leghista, quello che doveva stare sul territorio, era visto dagli occhii implacabili dei lecchesi come un catapultato. Da Roma.
Né ora né allora Brivio era un politico alla prima esperienza: in passato era stato presidente della provincia di Lecco.
Cattolico, cresciuto alla scuola dei “martiniani”, amico di Eugenio Zucchetti, sociologo e curatore di tante edizioni di quel rapporto sulla città voluto ogni anno dalla Fondazione Ambrosianeum per raccontare Milano e i suoi cambiamenti.
Zucchetti morì poco prima della vittoria elettorale di Brivio e forse anche questa perdita fu una motivazione forte per lui e per i molti che si impegnarono in quella incredibile vittoria elettorale.
Che già allora il Partito democratico non volle vedere, non volle leggere per la portata che aveva: quasi che di quella matrice cattolica “buona”, pontiera e attenta al dialogo con il mondo laico, se ne volessero cancellare le tracce. Lo dissi a un dirigente laico del Pd che mi aveva invitato a un dibattito. Si arrabbiò e il giorno dopo mi chiese scusa, ma non servì a molto. Lecco è periferica in fondo. Milano è un’altra cosa. L’Italia è un’altra cosa.
Vale la pena rinfrescare la memoria della “piccola” storia di Brivio proprio oggi che l’opinione pubblica è distratta da supereroi nazionali e da lombarde “primarie sì primarie no, primarie forse”.
L’altro giorno, quando mentre facevo colazione ho sentito la notizia alla radio delle minacce sono letteralmente saltata dalla sedia. Ma non sono rimasta stupita: da uno così il no alla riapertura di un locale in odore di ndrangheta me l’aspetto. Ho cercato subito di parlare con persone del suo staff per capire cosa stesse succedendo: la vita va avanti – mi hanno detto – l’attività del sindaco pure. E anche questa serenità non mi stupisce.
Eppure credo che lo sguardo a quel ramo del lago di Como sarebbe meglio volgerlo. Meno distratti dai supereroi e piu’ attenti a chi ogni giorno lavora per la costruzione di quella “città dell’uomo” che è fondamento dell’azione politica ancora per molti. E che fa dire di no in modo così naturale alla criminalità organizzata. In modo così normale.
Virginio Brivio (foto Pd Lombardia)