Le cinéma autrementLIAF 2012. L’arte di Koji Yamamura

Il London International Animation Festival organizza una retrospettiva dei corti di Koji Yamamura. Da leccarsi i baffi Se potessi tornare indietro nel tempo fino alla mia infanzia, mi piacerebbe t...

Il London International Animation Festival organizza una retrospettiva dei corti di Koji Yamamura. Da leccarsi i baffi

Se potessi tornare indietro nel tempo fino alla mia infanzia, mi piacerebbe tanto provare a cambiare le fonti visive che hanno contribuito a costruire il mio immaginario. Così, per l’effetto che fa. Sostituire Cenerentola con Il mio vicino Totoro, La Sirenetta con Kiki consegne a domicilio, Pocahontas con Principessa Mononoke. Forse avrei sviluppato gusti più raffinati e idee più complesse riguardo all’ambiente che ci circonda, al mondo del lavoro, alle problematiche di genere.

Chissà.

[Nel frattempo, mi limito a tormentare i coscritti che programmano di figliare, proponendo interessanti esperimenti a tavolino su quanti e quali cartoni animati somministrare ai pargoli.]

Ai miei tempi (sono già abbastanza vecchia per dirlo…), prima del satellite e dei canali specializzati, dei Teletubbies e delle Winx, tutto un mondo di animazione rimaneva escluso dai circuiti non solo cinematografici ma anche del mercato home video e della televisione, spesso per bieche strategie di vendita.

La TV privata degli anni Ottanta ci ha dato qualcosina, ma senza volerlo: all’epoca, i diritti televisivi per serie di qualità costavano pochissimo ed erano un ottimo riempitivo per la fascia mattutina – ricordate Flo, la piccola Robinson trasmessa in prima visione da Rete4? I fiori della sigla di coda son rimasti impressi nella mia memoria… ma se iniziamo con questo gioco non ne usciamo più.

Oppure, ogni tanto qualcosa si muoveva inaspettatamente: c’è voluto l’Orso d’oro a Berlino 2002 e la lungimiranza di una casa di distribuzione come Lucky Red per far conoscere Hayao Miyazaki al pubblico italiano. Così abbiamo potuto vedere Il mio vicino Totoro a circa vent’anni dalla sua prima uscita – un capolavoro che non ha perso un briciolo del suo fascino.

In un mercato così mortificante, una soluzione è andarseli a cercare, i cartoni animati belli. Londra è una piazza eccellente: forse non particolarmente all’avanguardia, ma in grado di riservare delle sorprese. A inizio novembre il Barbican Centre ha ospitato (per la nona volta dal 2003) il LIAF – London International Animation Festival: dieci giorni di proiezioni, retrospettive e workshop per dimostrare che l’animazione è molto di più e molto meglio che un semplice gioco per bambini.

Grazie al LIAF ho conosciuto l’opera di Koji Yamamura (classe 1964), maestro dell’illustrazione e dell’animazione giapponese “eterodossa,” che poco c’entra con la tradizione degli anime. Personaggio di spicco in madrepatria, Yamamura racconta la sua professione davanti a un pubblico di aspiranti animatori: da un lato, c’è la produzione commerciale fatta di verdure parlanti e colorate, dalle forme tonde e dagli occhioni sorridenti, destinata al mercato televisivo internazionale e ai libri per bambini. Dall’altro, i corti arthouse, autoprodotti dalla Yamamura Animation Inc. che vivono di (magri) finanziamenti pubblici, siano essi giapponesi, europei o canadesi.

Il programma prevedeva una retrospettiva completa dei corti realizzati da Yamamura dal 2002 a oggi, e ricoperti di premi nei circuiti festivalieri. A cercarli con attenzione sul web è possibile trovarne alcuni per intero; le informazioni sull’artista e la sua opera sono tuttavia frammentarie e confuse – il sito ufficiale di Yamamura non aiuta granché, neppure nella versione inglese.

Ogni corto meriterebbe un’analisi a sé. In ciascuno, quello che mi ha colpito di più è la straordinaria libertà nell’uso del segno e del colore, nella composizione dei quadri e delle animazioni, nella sovrapposizione dei piani visivi: seppure legate ad una linea narrativa solida, le immagini di Yamamura esplorano i confini della pittura e del disegno, spostandosi dalla mera illustrazione alla vera e propria “messa in scena” dei complessi meccanismi del pensiero.

Buona visione!

Mt. Head (Atama Yama, 2002)
Una reinterpretazione in chiave contemporanea e ambientalista della fiaba tradizionale giapponese Atama-Yama, l’uomo che non voleva mai buttar via nulla.

The Old Crocodile (Toshi wo totta wani, 2005)
tratto dal libro per l’infanzia Histoire du Vieux Crocodile (1923) di Leopold Chauveau, una fiaba ironica e commovente al tempo stesso, con un narratore inglese d’eccezione.

A Country Doctor (Kafuka: Inaka isha, 2007)
tratto dall’omonima novella di Kafka Ein Landartz (1919), un viaggio onirico e disturbante che mescola Oriente e Occidente, splendidamente doppiato da attori del teatro giapponese kogen.

Muybridge’s Strings/Les Cordes de Muybridge (2011)
dedicato alla vita e alle opera di Eadweard Muybridge, celebre fotografo, precursore del cinematografo e fonte di ispirazione per i pionieri dell’immagine in movimento Etienne-Jules Marey, Laurie Dickson (l’inventore della cinecamera) e Thomas Edison.

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