Certe mattine gli editoriali del Corriere della Sera riescono a cambiare, in peggio, la giornata. Sei sveglio da poco e leggi che siamo leader mondiali nella esportazione dei rifiuti, allora il malumore diventa emicrania e durerà fino a quando il sole non avrà lasciato spazio alla notte.
Dunque, proprio così, siamo il Paese che più al mondo paga per far smaltire i propri rifuti. Siamo un punto di riferimento per il mercato della monnezza. La cancrena è generalizzata e va da Palermo a Napoli da Roma fino a Parma. A caricare i nostri scarti e magari riciclarli ci pensano società tedesche o nord europee che vengono profumatamente pagate dalle municipalizzate nostrane per fare ciò che i nostri Comuni non sanno, non vogliono o non possono fare. Rabbia, ma soprattutto metafora di un declino annunciato. Come può sperare di rialzarsi un Paese che non è capace di smaltire nemmeno ciò che produce? Le discariche sono piene e disincintivate dalla Comunità Europea per il loro alto tasso d’inquinamento, gli inceneritori ed i termovalorizzatori si scontrano con le paure salutiste incrementate dal vento del populismo, l’innovazione tecnologica nello smaltimento non viene contemplata, la raccolta differenziata è drammaticamente più bassa rispetto agli standard europei. E quindi? Meglio pagare con i soldi pubblici, cioè dei cittadini, qualche azienda straniera che possa bruciare e riqualificare quello che non riusciamo a smaltire.
Tranquilli, comunque, in ogni caso siamo in piena emergenza assicurano politici locali ed alti burocrati. Già perchè nel Paese l’emergenza rifiuti è una costante. E siamo al paradosso, perchè etimologicamente la parola emergenza dovrebbe essere uno status temporaneo e non una regola. No, questa non è emergenza, ma indolenza perpetua nel rimandare i problemi. Meglio spendere sempre più denaro pubblico per smaltire rifiuti piuttosto che scontentare qualcuno per costruire un termovalorizzatore. La vera emergenza in Italia è la politica nimby: not in my backyard, quella per la quale l’interesse generale viene sacrificato per l’interesse particolare, quella per la quale il presente conta sempre più del futuro, quella del “vedremo” piuttosto che “facciamo”. E così i padri lasciano un’ immondizia d’eredità ai figli.
E allora la questione dei rifiuti dovrebbe far salire il rifiuto: morale, etico, politico. Il rifuto verso municipalizzate gestite dalla politica che preferiscono temporeggiare e avvelenare, rifuto verso il populismo di chi agita la protesta contro le soluzioni ragionevoli sfruttando le paure, rifiuto verso chi si fa suggestionare dalle demagogie e senza buon senso protesta per difendere il proprio giardinetto, rifiuto verso chi fa ricadere su tutti e sui propri figli le proprie irresponsabilità.
Poi proseguo la lettura del quotidiano e scopro che 110 milioni di euro affluiscono dalle casse dello Stato a sconosciuti giornali gestiti dalle sapienti mani di politicanti col pedegree. Come se non bastasse i partiti bloccano il decreto del Governo per il taglio delle province. Valgono sempre le stesse parole: nimby, indolenza, irresponsabilità, presentismo, populismo. E soprattutto: rifiuto.
Per concludere leggo che una grande municipalizzata di Roma ha indetto una gara per aggiudicarsi lo smalitmento dei rifiuti cittadini e penso che l’unica gara a cui vorrei partecipare è quella per smaltire i rifiuti della politica e risanare l’inquinamento della società italiana.