ContronotiziaMentre il mondo punta i riflettori sull’America e la Cina, i monaci Tibetani protestano e si danno fuoco

     Gli occhi del mondo sono puntati sul risultato delle presidenziali americane e anche sulle scelte del diciottesimo Congresso del partito Comunista Cinese.  Si è parlato qui, su Linkiesta, dell...

Gli occhi del mondo sono puntati sul risultato delle presidenziali americane e anche sulle scelte del diciottesimo Congresso del partito Comunista Cinese. Si è parlato qui, su Linkiesta, dell’accessibilità delle informazioni legate a questo evento storico e del peso che queste elezioni avranno per i prossimi dieci anni.

C’è qualcosa però che fa un pò sbiadire l’evento politico cinese e le onnipresenti stelle e striscie di questi giorni, comprese quelle delle modelle di Yamamay.

Mi viene la nausea solo a sentire nominare ancora una volta le presidenziali americane, mi verrà la nausea (ma credo un po’ meno) nel sentir parlare dell’evento storico della politica cinese, il XVII Congresso del Partito Comunista, ma mi viene un grandissimo sconforto, misto a tristezza, misto a non so bene cosa e mi si gela il sangue quando vedo un monaco buddista darsi volontariamente fuoco per protesta.

Il 7 novembre, si è aperto a Pechino, nella Grande Sala del Popolo di Piazza Tienanmen, il XVIII Congresso del Partito Comunista Cinese. Per la Cina si tratta dell’appuntamento politico più importante del decennio, che segna la fine dell’amministrazione del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao.

Il 7 novembre, Tamdin Tso, una nomade ventitreenne, madre di un bimbo di soli cinque anni, e tre giovanissimi monaci del monastero di Ngoshul, nel distretto di Ngaba, si sono dati fuoco in segno di protesta. Prima di darsi fuoco i tre martiri tibetani hanno gridato slogan a favore della libertà del Tibet e del ritorno del Dalai Lama.Tamdin Tso si è data fuoco ed è morta nelle vicinanze di Rongwo, contea di Rebkong (Amdo). Tamdin ha prelevato la benzina da una motocicletta, l’ha cosparsa sulle sue vesti e si è data alle fiamme invocando il ritorno del Dalai Lama in Tibet. Ce ne saranno altre di vittime, anche oggi,le notizie arrivano e si infilano nelle trame più sottili e inascoltate della rete.

Ho voluto pubblicare le foto dei monaci per ricordare (in primis a me stessa) che se una madre di una bimba piccola si dà fuoco per protestare per una causa, le coscienze devono scuotersi, come si è scossa la mia, fino all’ultima cellula emotiva che ho. Questi monaci fanno appello alla comunità internazionale, al governo cinese e a tutto il popolo della Cina affinché il loro grido di aiuto non sia un’eco lontano.

L’Amministrazione Centrale Tibetana ha promosso il lancio di una raccolta firme attorno a una petizione che sarà consegnata il 10 dicembre 2012 al quartier generale delle Nazioni Unite a New York, al Consiglio ONU per i Diritti Umani di Ginevra e al Centro Informazione Onu di New Delhi. Queste le richieste contenute nella petizione:

– Le Nazioni Unite devono discutere la questione tibetana sulla base delle Risoluzioni approvate nel 1959, 1961 e 1965 e adoperasi affinché sia dato corso al contenuto di tali Risoluzioni.

– Deve essere immediatamente inviata in Tibet una delegazione indipendente con il compito di verificare la situazione esistente nel paese.

– Le Nazioni Unite devono responsabilmente assicurare il rispetto delle fondamentali aspirazioni dei tibetani all’interno del Tibet.

La petizione è sottoscrivibile on line al sito:

http://www.thepetitionsite.com/takeaction/198/920/082/

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter