Tiè!“Mi arrendo”, rispose lui

So cosa vuol dire essere il (maledetto) bersaglio di scherzi, tanto infantili quanto spietati. Da piccoli, siamo tutti cattivi: la diversità stordisce, terrorizza, e poi diventa marchio e destino. ...

So cosa vuol dire essere il (maledetto) bersaglio di scherzi, tanto infantili quanto spietati. Da piccoli, siamo tutti cattivi: la diversità stordisce, terrorizza, e poi diventa marchio e destino. Per questo, sono arrivata ad avere terrore per le battute, spesso infelici, degi altri bambini: ero fatta di vetro e tutto avrebbe potuto scheggiarmi. Meglio stare sola.

I miei, quando ero ancora una pre-adolescente solitaria e scontrosa, erano molto preoccupati per me: si rivolsero a uno psichiatra infantile che ipotizzò addirittura la sindrome di Asperger. Non era nulla, solo una natura particolarmente complessa. Poi, crescendo, la vita mi ha normalizzato – a caro prezzo (ma ne parleremo poi) – e ora sono persino diventata una persona integrata, con brevi momenti dissociativi anche se consapevoli.

Tutto questo, lo capirete, ha influito sul modo in cui vivo gli altri, il mondo vicino e lontano da me. E forse mi ha anche indurita più del necessario: per difendersi, un eccesso di fragilità può trasformarsi e diventare eccesso di protezione. Non potevo rischiare di rompermi in mille pezzi a ogni urto: si chiama compromesso.

Sarà per questo – per una sorta di compensazione riflessa – che oggi ho un bassissimo livello di sopportazione, ad esempio, di fronte a quelli che vedono in una battuta – brillante o banale, di cattivo o buon gusto, qui poco importa – un manifesto politico, un approccio antropologico, un’affermazione impegnata.

Oggi, ero su Twitter, e tra i miei contatti c’è anche il direttore di Lettera43, Paolo Madron, che ha così cinguettato:

Si è scatenato l’inferno.

Qualcuno ha provato a sdrammatizzare

Non l’avesse mai fatto:

E un po’ ingenuamente, il difensore di Madron (che, immagino, se avesse previsto conseguenze tanto serie, quel tweet col cavolo che l’avrebbe mandato online) ha commesso l’errore di ribattere, utilizzando argomenti “pesantissimi”:

E, puntuale, si è abbattuta la morale:

Ora, premesso che:

  1. alcune battute nascondono (anche molto profondamente) una sottocultura che poi è la stessa che arma la mano di chi è più fragile, che legittima insensatezze e perfino violenze;
  2. che il linguaggio è un terreno minato (di trappole, equivoci, retropensieri, inconscio) e
  3. che occorre aumentare il livello di vigilanza

a me ha fatto più paura il livello di aggressività contenuto nelle risposte che non la battuta di Madron (che non conosco e non mi ispira neppure tantissima simpatia, detto tra noi). Voglio dire che so benissimo che spesso le parole sembrano innocue e che non lo sono affatto a ben guardare, ma non possiamo neppure trattare tutti come mentecatti-maschilisti-sessisti, solo perché non ne condividiamo lo stile!

Ogni giorno incontro tantissimi uomini e donne: e quello che mi colpisce di più è che la risposta che spesso riusciamo ad “attrezzare” noi donne, di fronte alla superficialità disarmante dei maschi – a volte tracotanti, altre volte solo anime semplici – trasuda risentimento, rimanda a ragioni altre (giustissime, sacrosante) ma che non hanno nulla a che fare con l’oggetto in questione.

Mi chiedo quanto questo essere costantemente “armate” incida sulla realtà: forse serve ad aumentare la consapevolezza di tutte le donne? aiuterà davvero quelle che hanno difficoltà a governare i loro rapporti? ci si sbarazzerà prima tutte di uomini violenti e problematici?

Io non credo. A me pare, piuttosto, che produca un unico risultato: erigere barriere di incomunicabilità, parlare persino lingue diverse, nascondersi dietro l’equivoco (e non accettare il dato) della radicale diversità:

Non c’è da esserne felici.

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