Il Comune di Napoli ha 850 milioni di euro di crediti ormai inesigibili. Si tratta di denaro messo a bilancio per far quadrare i conti, ma che sarà praticamente impossibile incassare. E’ pacifico che l’attuale sindaco non è l’unico responsabile del dissesto delle casse comunali, ma questo non toglie che Napoli andrebbe commissariata oggi stesso.
Oltre ai disavanzi cronici, pesano sulle casse comunali debiti commerciali sulle aziende partecipate per 1,3 miliardi. E’ dunque evidente come non ci sia alcun modo, nel breve periodo, in cui De Magistris possa rimediare a questa situazione, se non chiedendo aiuto allo Stato. Come peraltro è avvenuto la scorsa settimana: il sindaco partenopeo ha chiesto 350 milioni, dando come garanzia i beni demaniali e proponendo un piano di rientro in 10 anni, invece che in 5, come invece propone il Governo nel decreto salva-comuni.
De Magistris, di fatto, sta domandando aiuto per una città i cui amministratori si sono resi colpevoli del disastro in cui si trova, ad uno Stato che non trova i fondi per i comuni emiliani, lombardi e veneti colpiti dal terremoto.
Vale la pena ricordare che al momento del commissariamento di Taranto, nel 2006, i debiti, accertati dallo stesso commissario, erano pari a 637 milioni di euro, a fronte di 60 milioni in cassa. Il commissariamento di Taranto, che è poi tornata ad una gestione oculata delle risorse pubbliche, venne dunque deciso in presenza di una situazione debitoria decisamente meno grave di quella napoletana.
Senza considerare che ove il governo accettasse, anche solo in parte, le richieste del sindaco De Magistris, ciò rappresenterebbe un grandissimo smacco nei confronti:
– delle amministrazioni che sono state commissariate con debiti simili o minori, a cui parrebbe incomprensibile il differente trattamento di favore nei confronti di Napoli;
– di tutte le amministrazioni che hanno saputo gestire cum grano salis il loro budget, o che, almeno, non hanno passato un ventennio a distribuire prebende e favori nella totale incuranza del debito che accumulavano;
– di tutti quei cittadini che hanno eletto amministratori competenti e assennati, dando prova di capacità di giudizio.
Nel caso di Napoli, ma potremmo tranquillamente aggiungere anche Alessandria, Roma, la Sicilia e la Liguria, si tratta in sostanza di essere coerenti con il principio per cui chi sbaglia paga. Gli amministratori del comune di Napoli hanno fallito, hanno dimostrato di non essere in grado di saper gestire la città e quindi serve un commissario. Che, se proprio si vuole evitare di sollevare De Magistris dall’incarico, vada ad affiancare il sindaco per garantire una gestione super partes delle finanze comunali.
Solo così Napoli sarà in grado di uscire dalla situazione disastrosa in cui si trova. E non attraverso prestiti-tampone, come quello previsto dal decreto 174 su cui il Governo ha posto la fiducia ed approvato la scorsa settimana, che stanzia generosamente 200 euro per cittadino, da restituire entro 5 anni.
Se la priorità è il risanamento dei conti pubblici, ciò deve valere a maggior ragione per comuni poco virtuosi come quello di Napoli. La politica e la pubblica amministrazione devono finalmente fare proprio il concetto per cui, in presenza di conti non in regola, scatta la cessione della propria “sovranità” contabile a favore di una figura terza. Ecco perché per Napoli non c’è alternativa al commissariamento.
Signor Rossi