Quando c’è da prepararsi per uscire, che si sia amici o una coppia o una famiglia o un gruppo di colleghi, c’è sempre qualcuno che per un’ora ha ripetuto ad intervalli regolari “io sono pronto, quando volete andiamo”. E così dicendo ha instillato nell’altro la progressiva consapevolezza dell’urgenza di andarsi a preparare. Ma quando quest’ultimo infine è pronto e attende con la borsa in mano sudando ora copiosamente nel cappotto già indossato, si scopre che il primo, quello che aveva detto di essere pronto non è pronto per niente. E agli affrettati tocca di rimanere lì in piedi sull’uscio per un periodo di tempo variabile a osservare quest’individuo che cerca le chiavi, non trova il cellulare, viene colto da timori repentini dell’ultim’ora, come l’aver lasciato la luce accesa, la radio, il computer.
Così affliggiamo il nostro prossimo, così ne siamo afflitti noi. Questo è il peccato e la sua espiazione. E non c’è scampo.