A mente freddaPrimarie: il confronto TV non ha spostato un voto, ma non è stato inutile

Oggi si sta commentando diffusamente il confronto televisivo che ha avuto luogo ieri tra i candidati alle primarie di centro-sinistra. Che dire dei singoli candidati? Secondo me si può risolvere c...

Oggi si sta commentando diffusamente il confronto televisivo che ha avuto luogo ieri tra i candidati alle primarie di centro-sinistra. Che dire dei singoli candidati?

Secondo me si può risolvere così:

  • Bersani: ha detto esattamente quello che ci si aspettava da lui, e forse è un po’ questo il suo problema. Nella mia TV la sua immagine, e solo la sua, appariva sempre in bianco e nero, eppure lo schermo non aveva problemi.
  • Renzi: chiaramente ha già detto, in queste settimane, tutto quello che aveva da dire. Qui non ha fatto voli di fantasia, e non è detto che sia una cosa negativa in un momento in cui serve consolidare il consenso, più che ampliarlo. Però, curiosamente, da quello che con più insistenza ha cercato il confronto si è avuta l’impressione che questo passaggio fosse quasi irrilevante nella sua strategia comunicativa, e che le “sue” primarie si giocassero altrove.
  • Vendola: per sua stessa ammissione il formato a domanda “secca” lo penalizza, e stenta a carburare. Quando capisce come procedere sa farsi capire. Si dimostra sostanzialmente onesto nell’esprimersi, anche se nella retorica, oltre che nei programmi, sembra ancorato a tempi e stilemi che oggi non ci sono più.
  • Puppato: probabilmente la più incisiva. Si capisce che ha visto in questa occasione l’unica possibilità di parlare a un uditorio significativo e ha cercato di sfruttarla al meglio. Non credo che basti, però.
  • Tabacci: si deve essere fatto un’endovena di Red Bull prima di partire, visto che sembrava caricato a molla. A vederlo senza conoscerlo, sembrava quasi umano. Resta da capire se i suoi presunti supporter fossero o no figuranti, come i tifosi nord-coreani al mondiale 2010.

Ma queste considerazioni lasciano il tempo che trovano. Sono abbastanza sicuro che l’evento in sé non abbia spostato un voto. Chi ha guardato il programma e intende andare a votare, già sapeva da tempo da che parte pendere, e non credo che da questo spettacolo gli siano arrivati materiali per rivedere radicalmente le sue scelte.

Se però si vuole valutare l’evento, occorre andare oltre questo primo, e pur importante, elemento. Per la prima volta una sede televisiva così defilata ha acquisito centralità nel nostro dibattito politico, e questo dovrebbe farci capire che siamo di fronte a qualcosa che ha suscitato interesse di per sé, al di là della collocazione e dell’impegno dei protagonisti ad allargare in modo forzato la platea.

In effetti, per la prima volta dopo diversi anni si è tornati a parlare di politica in modo se si vuole un po’ piatto e senza picchi eccezionali di intensità, ma proprio per questo consentendo agli ascoltatori di meditare su quanto proposto. Si è offerto uno spettacolo in cui si chiarisce che le “famiglie” politiche italiane non sono tutte uguali, perché una parte, pur con tutte le sue difficoltà, cerca di porsi dei problemi e di risolverli, spesso sbagliando, mentre da altri settori dell’agone politico un confronto con questi presupposti sarebbe semplicemente inconcepibile. Si è visto, infine, che anche le posizioni più distanti portate avanti dai vari candidati alla guida del centro-sinistra non sono poi così incompatibili, perché i punti nevralgici su cui occorre agire (uguaglianza nei diritti, stimolo alla base produttiva e del lavoro, redistribuzione del peso fiscale, collocazione italiana nel “concerto” della UE) sono assai simili, e che anche gli obiettivi possono essere declinati in modo armonico: le ricette, certo, sono profondamente diverse, e prevedono strumenti assai lontani tra loro, ma proprio la loro scelta verrà demandata agli elettori consultati nelle primarie, nell’ambito di una selezione di diversi orientamenti che sarà sì aspra, ma che stando a quanto visto oggi non devono in alcun modo prevedere scissioni o lacerazioni chiunque vinca, a meno che qualcuno degli attori non sfrutti la situazione per girare il dito nella piaga. Singolarmente, i candidati sembravano essere sulla stessa lunghezza d’onda anche nelle indecisioni e nei punti su cui sono stati più evasivi (per esempio sulle modalità di lotta all’evasione o anche su una precisa definizione del comportamento che andasse al di là della condanna moralistica).

In un paese che deve ricostruire le proprie abitudini democratiche e i propri costumi di partecipazione mattone su mattone, in un contesto nazionale di desolazione morale e finanche materiale, un’esperienza del genere non può che far bene.

Anche il fatto che probabilmente la scelta del candidato premier con le prossime normative elettorali sarà inutile, in fondo, poco importa. Gli effetti di lungo periodo di questo confronto TV destinato, si spera, a diventare un precedente, potranno caso mai aiutarci a comprendere quanto stili, linguaggi e dinamiche del maggioritario abbiano ormai influito sul nostro modo di pensare, e quindi quanto sia inutile, e anzi dannoso, fingere di ignorarlo per i propri interessi parrocchiali.