Con qualche sbadiglio mi sono sforzato di seguire il dibattito fra gli aspiranti candidati del PD, constatando che, se Bersani è il come prima più di prima, Renzi è il cambiare tutto perché non cambi niente.
Aldilà della kermesse che in se stessa ha portato attenzione mediatica sul PD, aumentandone certamente i consensi, anche perché ha messo in luce la differenza con il carattere padronale e antidemocratico del PDL e del Movimento 2 Stelle (Grillo e Casaleggio), sul piano dei contenuti le novità sono zero e il PD cerca consensi proprio fra chi spera che non cambi niente o meglio che si ritorni all’ Italia di qualche anno fa e al suo sistema economico senza crescita ed eternamente immobile, un sistema statalista e di welfare che non ha mai funzionato, se non accumulando debito.
La sinistra italiana, con Bersani o con Renzi, peggio ancora con Vendola, resta legata ai vecchi schemi e non è assolutamente disposta ad abbandonare una visione antiquata dell’ economia che ci ha condotto in poco più di quarant’ anni dal miracolo economico all’ orlo del fallimento della Repubblica, passando per vent’ anni in cui abbiamo camminato sulle acque di un debito che superava di gran lunga il PIL.
Né Bersani né Renzi ci spiegano perché l’ Italia è nella situazione in cui si trova, mentre la Germania e l’ ex socialdemocratica Svezia no. Non essendoci una diagnosi argomentata e rispondente alla realtà, prognosi e cura possono essere condivise solo per fede politica. Secondo Bersani il vecchio sistema socialisteggiante funzionerebbe ancora se lo si facesse funzionare, i problemi dell’ Italia si risolvono eliminando l’ evasione fiscale e introducendo un’ ulteriore tassa, la patrimoniale, ignorando che lo Stato fornisce servizi di basso livello a fronte di un peso fiscale che tiene lontano chiunque avesse intenzione di investire in Italia e fa scappare chi l’ aveva fatto. Insomma la colpa non è nostra, ma delle Cayman Island.
Purtroppo la realtà è diversa, l’ Italia è un luogo ostile al business ed è perdente, da decenni, in un’ economia che inevitabilmente è sempre più globalizzata. Pochi giorni fa, mentre la stampa nostrana si preoccupava di Renzi, FIAT ha deciso di portare fuori dall’ Italia la sede di Fiat Industrial, cioè camion, bus, trattori e macchine movimento terra. La più grande acciaieria d’ Europa viene chiusa, d’ ora in poi ci permetteremo anche il lusso di comprare l’ acciaio all’ estero.
Secondo Renzi basta cambiare le persone, badando all’ anagrafe, ma chi osserva l’ Italia dall’ esterno e finanzia ancora il nostro debito pensa che si debba innanzitutto cambiare il nostro sistema economico e che chi promette il mantenimento dello status quo da sinistra equivalga al Berlusconi che, cianciando di liberismo, per tornaconto elettorale ha mantenuto da destra il medesimo status quo per i lunghi anni dei suoi sciagurati governi.
Gli Italiani purtroppo non vogliono riconoscere che il pensiero economico del compromesso storico ha distrutto il Paese e che era condiviso fra democristiani e post-democristiani, comunisti e post-comunisti, con il naturale consenso della statalista “destra sociale” post-fascista.
Grillo dice che è colpa dei politici ladri, Renzi dei politici vecchi, ma la colpa è delle ricette di un libro per cuochi di decenni fa che né Renzi, né Bersani vogliono abbandonare.
La domanda era se il centrosinistra italiano voleva incamminarsi lungo la strada segnata ormai molto tempo fa da Gerhard Schröder, piuttosto che da Tony Blair.
La risposta è no e le primarie del PD sono servite a dar l’ impressione che cambiasse tutto, per poter non cambiare niente.
Spero che almeno si cambino i Filippo Penati per cui il PD non pronuncia nessun mea culpa. Bersani, in cui confida ancora la maggioranza di militanti e simpatizzanti, appartiene a quella casta del partito che non si assume responsabilità per aver affidato Telecomitalia a Colaninno, MPS a Mussari e la Provincia di Milano a Penati, furioso acquirente di autostrade che non si riesce ora a vendere a nemmeno la metà del prezzo per cui furono acquistate.
Questa sinistra, per cui è sempre colpa degli altri, Berlusconi, le banche, le isolette dei Caraibi, potrà vincere le elezioni e governare, ma solo facendo perdere altri anni all’ Italia, come degno contraltare di sinistra del conservatorismo di destra dell’ era berlusconiana. Non è però colpa sua, è democraticamente colpa degli elettori, inguarbilimente malati di compromesso storico, come gli Argentini sono eternament malati di peronismo.