Versi impressiRitorno al futuro futuribile

    Chissà se la colpa è mia, di candidati poco attraenti e nessun primus inter pares, di questo accanimento sulle regole del gioco (da cambiare in corsa, peraltro) a scapito dei contenuti che dà ...

Chissà se la colpa è mia, di candidati poco attraenti e nessun primus inter pares, di questo accanimento sulle regole del gioco (da cambiare in corsa, peraltro) a scapito dei contenuti che dà vita a un altro gioco, folle, di metapolitica. Ieri ho ignorato il confronto Bersani-Renzi per andare a teatro e ascoltare una poesia.

Estratto da Un teatro a Roma di Carlo Molfese e Gennaro Colangelo (Edizioni Gangemi) e scritto sulle orme dei mitici poeti dialettali romani da quel genio di Gigi Proietti, il sonetto racconta lo spirito e l’atmosfera del Teatro Tenda di Piazza Mancini a Roma, regno dell’impresario/inventore Carlo Molfese.

Proprio Molfese celebra i suoi 50 anni di attività con lo spettacolo Le memorie di un impresario, ovvero in principio era il teatro che sta facendo tappa in diversi quartieri romani per riprendere il percorso di decentramento culturale e per promuovere l’esperienza del Tenda, ancor oggi unica in Italia.

Dal 1976 al 1986 il suo teatro rappresentò il primo palcoscenico popolare non fatto di mattoni e chiuso in un palazzo, né arredato con velluti o poltrone rosse, ma un teatro “mobile” e non “stabile”, potenzialmente itinerante e aperto a un pubblico di ogni provenienza e classe sociale. In altri termini, per quell’ epoca, un’autentica rivoluzione che però seppe ospitare il meglio della creatività teatrale del momento – dal classico alla sperimentazione, dalla grande tradizione alle novità drammaturgiche – con grandi autori, mattatori e affabulatori del calibro di Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman, Massimo Troisi, Carmelo Bene, Roberto Benigni, Dario Fo, Domenico Modugno, Mario Scaccia, Salvo Randone, Enzo Decaro, Lello Arena, Monica Vitti, Marcello Mastroianni, Tadeusz Kantor, Marcel Marceau, Jerome Savary, Victoria Chaplin e Jango Edwards. Un’operazione oltreché strategica, decisamente controcorrente dal momento che Roma, in quel periodo, viveva sotto la cappa degli anni di piombo: “Si sparava per le strade e la maggioranza della gente se ne stava rintanata in casa” rammenta Molfese “Ma noi riuscivamo a riempire il teatro, raggiungendo anche le oltre duemila presenze a sera come si è verificato per molti mesi con lo storico e ancor oggi ricordato da molti: A me gli occhi, please! di Gigi Proietti.”

Lo spettacolo, per la regia di Marco Simeoli e la partecipazione, insieme a Molfese, di Antonio Coppola, Loredana Castrovilli, Maria Giordano ed Emanuele Pedini prevede a ogni replica delle sorprese e ieri sul palco del Teatro Greco è salito proprio Proietti coi risultati che immaginate. La sorpresa vera resta però la risposta del pubblico e la capacità di Molfese di saper ancora parlare con lo stesso spettacolo alle platee più diverse, tanto che potremmo di nuovo scrivere ciò che scrisse De Monticelli sul Corsera nel ’77: “C’erano proprio tutti l’altra sera sotto la tenda di piazza Mancini: élite e massa”.

Presenza sul territorio e consensi trasversali: non si può fondare il Partito Tenda?

Carlo Molfese con Roberto Benigni

Eduardo De Filippo con Gigi Proietti

Federico Fellini con Carlo Molfese

ll 16 dicembre 1979 il Teatro Tenda viene distrutto da una bufera di vento e una forte grandinata. Per l’occasione Eduardo De Filippo rappresenta il Berretto a sonagli al Teatro Giulio Cesare per diciotto serate e devolve l’incasso alla ricostruzione del Tenda. Alla prima rappresentazione è presente il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, che Eduardo ringrazia con queste parole:

«Questa è una serata meravigliosa per noi perché prova che la gente ha apprezzato la nostra iniziativa di aiutare il Teatro Tenda distrutto dalla tragedia. Ed è ancora più importante che ad aiutarci sia venuto questa sera anche il Presidente della Repubblica, che io ringrazio e al quale faccio tanti auguri, gli stessi che vengono fatti a me, visto che il Presidente ed io siamo coetanei». (Corriere della Sera, 7 febbraio 1980)

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