Comincia oggi la settimana più importante del percorso politico di Matteo Renzi.
Il risultato del primo turno del duello con Bersani non desta particolare sorpresa. Da settimane, al di là delle dichiarazioni tattiche di routine, si prospettava uno scarto del genere fra i due principali contendenti anche se la strategia dei bersaniani di puntare sul “voto utile” per sfondare il muro del 50,01% al primo turno lascia un retrogusto di sconfitta con quel 44,9% (ancora da confermare) così lontano dall’asticella della vittoria.
Nei fatti si riparte da 0-0, ma comunicativamente toccherà a Renzi fare la partita. Come?
Primo. Disinnescare subito la contrapposizione destra/sinistra. Lasciasse perdere discorsi tipo “abbiamo vinto nelle regioni rosse”: oltre ad essere un’interpretazione quantitativamente forzata rinforza il frame dell’avversario, inseguendolo su un terreno a lui congeniale, quello dell’appartenenza ideologica strutturata e identitaria. Bersani sarà sempre (almeno comunicativamente) più di sinistra di Renzi, inutile insistere. Da evitare anche uscite del tipo “andiamo a prendere i voti di centrodestra”: i voti di Renzi non sono di destra o sinistra ma quelli di chi crede e vuole il rinnovamento e un nuovo modo di fare politica.
Secondo. Rispolverare il suo cavallo di battaglia, erroneamente accantonato nell’ultima fase della campagna per il primo turno: la rottamazione. Sè è arrivato a questo punto è anche grazie alla forza di questo frame capace di attecchire nell’immaginario collettivo ma soprattutto in grado di prevalere su quello ideologizzato dell’avversario: come ho già avuto modo di scrivere vecchio/nuovo può essere più efficace di destra/sinistra perché vola più in alto, incarna un bisogno percepito nel Paese, dà voce a chi non si riconosce in nessun recinto politico definito. Se Bersani si prende i voti dei nostalgici del PCI Renzi deve puntare a prendersi quelli di tutti gli altri.
Terzo. Riprogrammare il frame dell’avversario. Rilanciare il frame della rottamazione non serve solo a completare quel percorso narrativo lasciato a metà nel primo turno ma anche, e soprattutto a contrapporre agli assi valoriali e alla narrativizzazione ideologica bersaniana categorie semantiche e chiavi narrative nuove, dinamiche, di rottura. All’identità ideologizzata dell’apparato deve contrapporre le persone, le storie personali, i racconti individuali che diventano storia collettiva, cercando di riportare l’asse destra/sinistra all’interno del proprio frame nella categoria del vecchio, spostando l’asse da quello generazionale (giovani vs anziani) a quello tra vecchia e nuova politica. Tra vecchio e nuovo il vecchio è male, il nuovo è bene.
Quarto. Deve tenere alti i toni, non recitare il proprio compitino come fatto nel confronto Sky con gli altri candidati. Non significa essere aggressivo o attaccare ma non farsi ricondurre all’interno di schemi conosciuti, tradizionali, già visti. La sua forza è la rottura di tali schemi.
Quinto. Non rispondere agli attacchi personali né polemizzare. I suoi interlocutori sono gli elettori e il Paese, non Bersani o i bersaniani, altrimenti diventa un dibattito interno al centrosinistra, o meglio un congresso di partito in cui a fronteggiarsi non sono due candidati premier ma due capo corrente. E l’attuale segretario avrebbe una maggioranza schiacciante.
Sesto. Vedi al punto quinto ma esteso a chiunque parli a nome suo.
Settimo. Rafforzare l’electability, proponendo soluzioni, valorizzando l’esperienza di governo cittadino, e soprattutto dettare i temi, per determinare l’agenda e guidare il gioco. Significa individuare 4-5 grandi temi e proporne uno al giorno, parlare ad ogni evento previsto nella giornata dello stesso argomento per farne il tema del giorno e costringere l’avversario ad inseguire e rispondere.
Ottavo. Dare uno sviluppo temporale all’Adesso, per uscire dall’ambito angusto del ricambio generazionale interno al partito e proporre una visione di Paese. Il problema non è il PD, ma il futuro dell’Italia.
Il tempo è poco, sette giorni per recuperare quasi 10 punti percentuali ma nelle campagne elettorali si sono visti recuperi ben più clamorosi. Bersani farà la sua campagna amarcord, Renzi deve completare l’opera iniziata oltre un anno fa. Poi parola alle urne.