Fermi con le maniSe anche l’Università penalizza i giovani…

Qualche giorno fa un mio amico ha sostenuto una prova per poter accedere al dottorato di una prestigiosa università milanese. 110 e lode, 27 anni, discreta conoscenza dell'inglese, il mio amico rap...

Qualche giorno fa un mio amico ha sostenuto una prova per poter accedere al dottorato di una prestigiosa università milanese. 110 e lode, 27 anni, discreta conoscenza dell’inglese, il mio amico rappresenta a tutti gli effetti uno dei tanti giovani italiani neo laureati alla ricerca di un percorso lavorativo solido dopo 5 anni di studi. Quale migliore occasione allora di un corso post-laurea, dove sono previste delle borse di studio e dove si può svolgere una seria attività di ricerca? Eh già, perchè il dottorato è un percorso POST LAUREA, dove il post dovrebbe consistere nell’identificazione di un tempo immediatamente successivo al conseguimento della laurea. Solo chi ancora sotto i 30 anni avrà, molto probabilmente, quella carica necessaria per tuffarsi anima e corpo nella ricerca e soprattutto, e sicuramente solo i giovani laureati hanno un disperato bisogno (eh si, ormai siamo giunti a questo) di un contributo economico che permetta loro di emanciparsi e lasciare finalmente casa e conto in banca di “mammàepapà”.

Il giorno della prova il mio amico ha trovato solo una decina di candidati giovani neo laureati come lui; gli altri aspiranti dottorandi erano tutti signore e signori di una certa età, con anni di pubblicazione e, a volte, di insegnamento alle spalle, con un proprio lavoro, con una propria famiglia, con una propria carriera. Inutile dire che i posti, con borsa, sono finiti proprio a questi signori qui, già in avanti con l’età ed interessati probabilmente, più che alla materia e alla ricerca vera e propria, al conseguimento di un titolo necessario per qualche ulteriore sbocco lavorativo. Come se si chiedesse ad un peso piuma di combattere nello stesso ring contro Mike Tyson. Logicamente il mio amico, e gli altri ragazzi giovani come lui, scoraggiati, difficilmente tenteranno nuovamente di accedere ad un corso di un dottorato. O probabilmente, non lo faranno in Italia, ma cercheranno fortuna in terra straniera dove il concetto di “post-degree” ha ancora un’accezione umana.

Se anche l’Università penalizza i giovani e favorisce le rendite improduttive allora, è davvero difficile credere che si possa tornare a crescere nuovamente.

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