“Mi sono informata”, dice Giulia, 27 anni.
“Se chiami la Guardia di Finanza devi aspettare che arrivino e facciano i controlli. La storia si fa troppo lunga. Dobbiamo fare da soli”.
Lo scorso sabato Giulia ha ordinato una birra in uno dei locali che danno su Piazza Sempione, uno dei posti della movida milanese. Sei euro di birra in un bicchiere di plastica e niente scontrino.
“Non è giusto, noi paghiamo le conseguenze dell’evasione e questi continuano a non fare scontrini. Dov’è la Gdf, dovrebbe girare qui tutta sera”, dice Giulia, “Anche a cavallo se non possono usare le macchine”.
Ma sabato scorso Giulia non ha avuto la prontezza di chiedere la ricevuta.
“Ve lo dico ragazze”, minaccia allora stasera, seduta al tavolino di un fast food. “Chiederò lo scontrino a tutti quelli che non me lo fanno. E me ne frego di come reagiscono loro e quelli che sono con me”.
Ci mettiamo a parlare di tutt’altro, per un’oretta buona.
Finché non arriva il momento di andare. Ci guardiamo tra di noi. Otto occhi cadono sulla comanda dei camerieri, sul tavolino. Pausa. Poi di riflesso si fissano su Giulia. Ci guarda. Capisce. Si prepara. Sguardo duro, convinto. Siamo pronte. Impugno il foglietto. Marta e Michela aprono la strada tra i tavolini affollati. Ci avviciniamo compatte al nemico. Siamo decise, la lotta di Giulia è diventata la nostra lotta. Manca solo la colonna sonora di Morricone.
“Buonasera”, dico io e consegno la comanda. “Cinquanta euro e 60″, dice lei. Le altre sono alle spalle.
Silenzio. Finché un suono lo spezza. Tatatatatatatatata. E uno scontrino scivola fuori dalla cassa.
“Pfiuuuuuuuu”, ci sgonfiamo in coro. Per questa volta è andato tutto bene.
Ma la lotta, dice Giulia, continua.