Le cinéma autrementThermae Romae. L’impero romano in salsa di soia

In attesa della distribuzione estiva, esce in anteprima al Lucca Comics e per un giorno soltanto Thermae Romae, tratto dall'omonimo manga di Mari Yamazaki. Ecco la recensione. Per un giorno soltan...

In attesa della distribuzione estiva, esce in anteprima al Lucca Comics e per un giorno soltanto Thermae Romae, tratto dall’omonimo manga di Mari Yamazaki. Ecco la recensione.

Per un giorno soltanto, mi allontano dalla maratona dei film londinesi con il peplum nipponico Thermae Romae. L’ultimo film di di Hideki Takeuchi è stato presentato in anteprima mondiale lo scorso aprile al Far East Film Festival di Udine, la più importante vetrina per il cinema asiatico in una delle città più a Est d’Italia. Prima della distribuzione ufficiale in Italia (a cura della Tucker Film) e dopo una puntata al Festival Internazionale di Toronto, Thermae Romae sarà proiettato in anteprima nazionale al Lucca Comics & Games, la maggiore kermesse nazionale (seconda in Europa, terza nel mondo) per il fumetto, il cinema di animazione e il gioco.

Ma andiamo con ordine, partendo da Udine. Partecipare a un Festival (specie se con un accredito stampa) è una delle esperienze più frustranti che possano capitare a un cinefilo onnivoro. Tutte le ore libere da proiezioni sono spese a pianificare con estrema cautela i titoli da vedere, incastrando orari e giornate. Questo significa una sola cosa: soffrire, selezionare, e infine scartare.

Thermae Romae è stato uno dei pochissimi film a non subire questo processo doloroso: fin dalle prime righe di trama s’era conquistato la priorità di visione, anche se questo significava rinunciare a una mezza dozzina di film sudcoreani – senza alcun rimpianto, il cinema sudcoreano mi lascia abbastanza indifferente, checché ne pensino a Venezia. Son riuscita a vederlo solo alla seconda proiezione, organizzata appositamente a causa delle pressanti richieste di centinaia di spettatori rimasti a bocca asciutta al primo round – e che hanno l’hanno votato come miglior film secondo il pubblico per l’edizione 2012.

Ne è valsa assolutamente la pena.

La storia (tratta dall’omonimo manga di Mari Yamazaki) è questa. Roma 128 a.C., Adriano imperatore: l’architetto Lucius Modestus (Hiroshi Abe, il Raul Bova nipponico) attraversa un blocco creativo, tanto da non riuscire a progettare delle nuove terme che siano all’altezza della grande civiltà dell’Impero Romano. Mentre si rilassa facendo un bagno proprio alle terme, viene risucchiato da un buco sul fondo della vasca per riemergere in un bagno pubblico del Giappone contemporaneo. Inizia così un’avventura attraverso il tempo e lo spazio, che riporterà l’ispirazione a Lucius e gloria all’Impero.

Il trailer ufficiale del film.

Per una principiante come me, il fascino di Thermae Romae sta prima di tutto nell’idea: insomma, a chi verrebbe in mente di disegnare una storia su un architetto dell’antica Roma in stallo creativo, e dei suoi viaggi nel tempo? E di farci quindi un film, girandolo in buona parte a Cinecittà? Pare tuttavia che di soggetti esotici e culturalmente raffinati i manga siano pieni, specie quelli seinen destinati ad un pubblico maschile – di cui Thermae Romae fa parte.

[Chiedo venia in anticipo a tutti gli appassionati di manga e Giappone per le eventuali imprecisioni, anzi li invito a correggermi e rimbrottarmi se durante la recensione prenderò fischi per fiaschi.]

Se il soggetto non fosse abbastanza per incuriosire, ci pensano gli sviluppi della trama: ogni viaggio di Lucius offre pretesti (spassosi) per illustrare la cultura dei bagni in Giappone e nell’antica Roma, un’accoppiata insolita eppure straordinariamente vicina; buona parte delle risate nasce proprio dall’incontro/scontro tra Oriente e Occidente, motivo assai apprezzato dal pubblico nipponico e autoironico quanto basta per solleticare quello europeo; l’iniziale comicità “termale” poi abbandona i confini del bagno, per spingersi a sfiorare (sempre con la dovuta levità) riflessioni sul concetto di progresso e civiltà avanzata, seppure a qualche secolo di distanza.

Il tutto presentato in un ibrido di generi: sci-fi, peplum e parodia del medesimo, slapstick comedy con abbondanti (poteva essere altrimenti?) incursioni nell’umorismo scatologico. Una confezione che è per molti versi all’altezza del contenuto, basta un’occhiata al fiammeggiante sito ufficiale per avere un’idea dello stile e dell’immaginario messo in scena da Thermae Romae.

Certo, il film non è esente da difetti: al quarto, quinto viaggio nel tempo gli spunti comici sono esauriti e la scelta di risolvere la storia buttandola in melodramma non è delle più felici, disperdendo l’originalità dell’idea iniziale. Non solo, ma da un punto di vista strettamente cinematografico Thermae Romae non brilla per innovazione, rimanendo al livello di un ottimo prodotto realizzato con abbondanza di mezzi. Una specie di cinepanettone nipponico destinato al successo di pubblico soprattutto nel mercato interno, il cui valore aggiunto per gli stranieri sta più che altro nell’esotismo delle vicende narrate. In questo senso, come afferma Phil Hoad dalle pagine del Guardian, sono lontani i giorni in cui i film giapponesi costituivano un modello all’avanguardia per la cinematografia mondiale.

Eppure, se questi sono i cinepanettoni che ci regala il Giappone, datemi Thermae Romae tutti i giorni dell’anno, non solo a Natale.

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