Filo sofà, chiacchiere da divanoTu donna non fare tuoi i limiti degli altri

      “We do not invest in victims, we invest in survivors”. Inizia così un bell’intervento di una giornalista americana, Gayle Tzemach Lemmon al Ted Women, in cui racconta come nei paesi martoria...

“We do not invest in victims, we invest in survivors”. Inizia così un bell’intervento di una giornalista americana, Gayle Tzemach Lemmon al Ted Women, in cui racconta come nei paesi martoriati dalle guerre alcuni degli esempi di rilancio del business sono stati creati dalle donne. Dall’imprenditrice che nella Kabul degli integralisti talebani ha creato una sartoria per cucire i burka, a quel punto purtroppo necessari a tutte, fino alla sopravvissuta bosniaca che ha messo su un’impresa di venti donne, regolarmente remunerate, per realizzare lenzuola, tende e tessuti e venderli al mercato nero durante la guerra, e poi altre ancora. La premessa è semplice, nei paesi flagellati dalla guerra, purtroppo gli uomini muoiono e chi resta sono le donne, ecco allora che le donne si dimostrano capacissime di prendere in mano le redini dell’economia del paese e creare business, denaro e benessere. Aggiunge poi che, senza aver bisogno delle guerre, in tutti gli stati del mondo, le donne che fanno business sono milioni, ma a quanto pare questo non fa notizia.
Aggiunge poi che, senza aver bisogno delle guerre, in tutti gli stati del mondo, le donne che fanno business sono milioni, ma a quanto pare questo non fa notizia.

Le donne che fanno business sembrano una rarità, un’eccezione, un caso. Per questo le banche e i dipartimenti economici di tutti gli stati possono permettersi di continuare a limitare i finanziamenti e i prestiti per le imprese femminili a quelli della micro finanza. Ma questo non fa bene né alle donne, né alla tanta economia che gira intorno a loro. Credere di appartenere alla categoria protetta della micro finanza genera inevitabilmente nelle donne la percezione che l’impresa che possono creare è mini. Perché?

L’aggettivo mini tarpa le ali, ristringe in limiti invisibili un’idea che sta nascendo e che in potenza può prendere forme non prevedibili e può incubare sviluppi anche inattesi. Accettare di meritare micro prestiti è immotivato economicamente, visto che la quantità delle imprese al femminile sono milioni, è altrettanto immotivato umanamente: le donne sono la metà del mondo e va da sé, che non possono essere considerate una minoranza.

Accettare di vivere, pensare e creare sotto l’ombrello dell’aggettivo micro è un controsenso ormai smentito dai fatti. Le donne sono già l’altra metà del mondo e già custodiscono nei loro cervelli e nei loro cuori la metà delle idee e delle soluzioni per il futuro economico del mondo. Devono solo saperlo.

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