Stamattina a Pechino si è aperto l’appuntamento politico cinese del decennio: il diciottesimo Congresso del Partito comunista cinese.
Se l’elezione di Obama ad un secondo mandato come presidente degli Stati Uniti influenzerà le decisioni della prima potenza mondiale per i prossimi quattro anni, questa settimana alla Grande Sala del Popolo si decideranno gli equilibri della dirigenza del partito più grande del mondo, oltre 80 milioni di iscritti, mettendo di fatto la Cina sui binari dello sviluppo che ci influenzeranno per i prossimi dieci anni.
Il presidente Hu Jintao ed il premier Wen Jiabao saranno probabilmente sostituiti rispettivamente da Xi Jinping e Li Keqiang, una quinta generazione di leader meno tecnocrate, meno grigia, sulla quale si riversano le speranze di riforme democratiche. La vera lotta interna si giocherà però per i seggi al Comitato centrale: nove posti (o sette forse, dicono alcuni) alla cabina di comando della Repubblica popolare.
Ma decifrare le dinamiche della politica cinese è impresa ardua anche per gli osservatori più esperti. La proverbiale segretezza di Zhongnanhai, quartier generale del governo cinese, la censura, la barriera linguistica, sono tutti fattori che contribuiscono a far scendere un alone di mistero ed incomprensione sul passaggio di consegne cinese.
Quest’anno a China Files abbiamo provato a non farci trovare impreparati. Per una settimana sarà online il nostro speciale dedicato allo shibada (“il grande diciotto”, come abbreviano i cinesi): un minisito ricco di articoli, infografiche, foto e video, ritratti dei protagonisti del Partito, analisi e commenti.
Riporteremo la voce degli esperti nazionali ed internazionali, senza però dimenticarci del vibrante sottobosco della rete cinese, con puntuali traduzioni delle reazioni su Weibo, il Twitter cinese.
Si tratta di un passaggio storico mai così accessibile al grande pubblico internazionale. Noi proveremo a raccontarlo come siamo abituati, privilegiando le fonti locali e le “caratteristiche cinesi”.