Il libro ritrovato. Consiglieri di pagineVoce

di Fabrizio Valenza Se c'è qualcosa che dà una fisionomia alle persone, è la voce. Provate a chiudere gli occhi. Siete da soli nella vostra camera, immersi nel silenzio. La porta alle vostre spalle...

di Fabrizio Valenza

Se c’è qualcosa che dà una fisionomia alle persone, è la voce. Provate a chiudere gli occhi. Siete da soli nella vostra camera, immersi nel silenzio. La porta alle vostre spalle si apre e risuona una voce.
La voce. Quella, inconfondibile. Qualunque essa sia.
Se davvero c’è una parte dell’essere umano in grado di contemplarlo tutto, esterno e interno, questa è la sua voce, quel timbro determinato da un insieme di fattori per lo più sconosciuti. Non è solo la conformazione della gola a far sì che una voce sia unica, ma il corpo stesso nella sua totalità, e ancora non è sufficiente. C’è l’anima, ci sono le intenzioni. Le omissioni.
Una voce è fatta di tutto ciò che la persona è, in quanto è ciò che è. La varietà della voce è caratteristica solo umana. Gli animali non hanno voce. Fanno un verso, che è identico per molti della stessa specie.

Quando sento una voce cantare – e alcuni cantanti sono tanto riconoscibili da questa singola porzione, che ne diventa esaustiva definizione dell’intero (basti pensare a The Voice) – un intero discorso, una storia completa entra in me a tal punto, da non aver nemmeno bisogno di conoscere il contenuto delle parole sulle quali la canzone è costruita. Il che è possibile perché la voce è uno strumento che fa musica, e la musica non ha bisogno di parole.
Ci avete mai pensato? La musica non ha bisogno di parole, eppure la comprendiamo perfettamente come se fosse un discorso integrale e ben sviluppato. Com’è possibile che, quando sento un brano di Beethoven, io abbia l’impressione che davanti a me vi sia il compositore stesso, in persona, nel pieno di un dialogo accorato? La voce è suono e forse qui sta il suo segreto: un suono modulabile come quello di uno strumento.

Sono sempre rimasto affascinato e stupito da questo mistero che permette che la voce sia il veicolo di concetti e che gli stessi concetti siano esprimibili anche senza parole. Prendete Verdi e Mozart, per esempio. Ciascuno dei due ci ha lasciato almeno un’opera all’interno della quale è all’opera il miracolo della voce che si fa musica e della musica che si fa voce.
Con la sua “Grande Messa in Re Maggiore”, Mozart è riuscito a far suonare le voci dei solisti e del coro come fossero veri strumenti e come non vi fosse distinzione tra ciò che è stato creato dalla natura e ciò che è stato creato dall’uomo. In special modo, Et incarnatus est è l’apice della bellezza e dell’eterna meraviglia che la voce umana può creare, quando un soprano duetta con altri strumenti a fiato (sì, con altri strumenti a fiato).
Con il suo “Requiem”, invece, Verdi ci dimostra come sia possibile far parlare gli strumenti, e gli esempi sarebbero moltissimi. Uno su tutti: il Lacrimosa, in cui il clarinetto piange assieme all’orchestra proprio come farebbe un essere umano.

Infine, e questo è il testo letterario e misteriosamente spirituale che mi ha spinto a scrivere il presente post, cosa si può dire di Voce di uno che grida nel deserto (versetto tratto dal primo capitolo del quarto vangelo) che non sia banale e già sentito migliaia di volte? Il Vangelo di Giovanni, qui, è straordinario nel riuscire a condurre il lettore dentro una dimensione ulteriore.
Vennero mandati dei sacerdoti a Giovanni Battista, nel deserto, per chiedergli se fosse lui il Cristo. Egli disse di no. Gli altri volevano capire – ma già con intenzioni preoccupate e preoccupanti – e insistettero. Sei Elia (infatti, aspettavano il suo ritorno dopo secoli), sei il Profeta? Chi sei? E lui diede la sua risposta. La sua risposta non conteneva nulla di sé, ma tutto di qualcun altro.
Giovanni il Battista non parla di se stesso, lui è solo la voce di uno che ha già cominciato a gridare nel deserto (ovvero Gesù) prima ancora che venga conosciuto dalle genti. Lui è solo il suono della voce di un altro. Il mistero, per me, sta in tre interrogativi che questa frase mi suscita: se la voce è caratterizzata da un suono ben preciso, com’è possibile che uno sia in grado di porla al servizio di qualcun altro? E poi, una voce che grida. Che ha di tanto importante da essere gridato? Infine, perché si è ritrovato a gridare nel deserto? La voce non è fatta per essere udita da qualcuno?

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In calce a questo post, mi permetto di segnalare la prima iniziativa non virtuale di noi de Il libro ritrovato.

I consiglieri di pagine presentano il Libro ritrovato, spiegano i loro servizi e le loro attività, mostrano il loro metodo di lavoro. E mostrano anche i loro volti: fuori dallo spazio virtuale e dentro la realtà di questo innovativo progetto che si muove sulla scia della libroterapia, ma con un tocco del tutto originale che sveleremo, appunto, di persona.

Per fare tutto ciò organizzano degli incontri pubblici nel suggestivo scenario del Monastero di Sezano (a pochi chilometri da Verona). Se vuoi scoprire come, non hai che da seguire il Bianconiglio.

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