Tabula rasaAd uso e consumo degli aspiranti imprenditori: il caso di una start-up californiana

Ho chiacchierato di recente con un imprenditore di Palo Alto sulla sua esperienza a Silicon Valley. Ho pensato di condividerla con i tanti amici che chiedono come funzionano concretamente le cose q...

Ho chiacchierato di recente con un imprenditore di Palo Alto sulla sua esperienza a Silicon Valley. Ho pensato di condividerla con i tanti amici che chiedono come funzionano concretamente le cose qui.

Soujanya Bhumkar è un simpaticissimo indiano emigrato negli Stati Uniti negli anni ’90 per fare l’MBA. Dopo un paio d’anni di carriera convenzionale in consulenza, decide di assecondare la passione per l’imprenditoria e trasferirsi in California, ripartendo da zero. Nonostante la laurea in ingegneria, non è un puro specialista di informatica ma ha molte qualità complementari: istinto commerciale, capacità di mettere insieme e motivare un team e grande versatilità.

La sua prima iniziativa è un servizio di SMS a basso costo per i paesi emergenti. Il successo all’estero purtroppo non è sufficiente ad attrarre attenzione e capitali da parte dei fondi venture americani e Soujanya decide di passare ad altro. Resta però un network rilevante di contatti col mondo tech di Silicon Valley. Da questo scaturisce l’incontro con Austin Shoemaker, un giovanissimo studente di informatica all’università di Stanford che sta sviluppando software per la visualizzazione di foto in 3D. Catturato dalla versatilità di questa tecnologia, e dopo mesi di corteggiamento, Soujanya riesce a convincere Austin a lasciare Stanford e diventare co-fondatore di Cooliris.

All’inizio il focus è sul web, ma diventa presto chiaro che il grosso potenziale per Cooliris è nel mercato (allora emergente) degli smartphone e poi dei tablet. Questa volta i venture capital reagiscono con entusiasmo e decidono di scommettere sulla tecnologia e il team, ben prima che si materializzi il fatturato. La società raccoglie quasi trenta milioni di dollari. Tra i vari investitori spicca Kleiner Perkins, uno dei fondi storici di Silicon Valley – un notevole vantaggio in termini di visibilità e appeal con i software developer, che qui sono molto schizzinosi nello scegliere con chi lavorare. Al momento il team Cooliris conta quindici membri di sette nazionalità diverse e età media compresa tra i venti e i trent’anni.

Le risorse vengono concentrate su due filoni: l’utilizzo della tecnologia nella pubblicità sui telefonini, e lo sviluppo di applicazioni per la condivisione di foto su iPad/iPhone/Android. Il primo si rivela subito un successo e il business viene venduto dopo un paio d’anni a una controllata di Singapore Telecom. Ora la scommessa è sulle applicazioni, dove il successo di pubblico è finora molto incoraggiante: prima applicazione per iPad in 75 paesi nella categoria lifestyle e 250 milioni di foto scambiate. Gli utenti sono attratti dal bellissimo design, la facilità d’uso e la capacità di gestire tutte le proprie foto – da Facebook, Instagram, Google Search, o quelle salvate sul telefonino – attraverso un’unica piattaforma. Al momento l’applicazione è gratis, con l’intento di creare una massa critica di utenti e varie iniziative per generare fatturato in fase di studio.

La storia di Soujanya e Cooliris presenta molti degli elementi che rendono Silicon Valley un posto unico per chi voglia fare imprenditoria: investimenti fatti prima di tutto sul team e poi sui cash flow, flessibilità nel cambiare il business model in corso d’opera, simbiosi tra la start-up e i propri investitori (in particolare nella ricerca del personale o di clienti importanti), team spesso cosmopoliti e, in particolare, la propensione diffusa a mettersi in gioco anche a costo di abbandonare una comoda carriera aziendale o accademica. Consiglio vivamente una visita da queste parti a chi abbia voglia di una ventata d’aria fresca.

Twitter: @GianniLorenzato

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