C’è un futuro per Matteo Renzi? Il modo in cui si è congedato dai suoi elettori riconoscendo la sconfitta fa pensare di sì. Nel panorama dei “giovani” del Pd è sicuramente quello che ha più talento, forse l’unico. Ha avuto coraggio e sfrontatezza, ha riproposto idee che andavano in auge pochi anni fa e che adesso tutti dicono di voler contrastare, si è contrapposto in modo aperto al vecchio gruppo dirigente senza le furbizie di altri giovani di parte opposta.
I suoi limiti sono stati la sottovalutazione del corpo vivente del Pd, soprattutto quella sua parte, maggioritaria, che si sente di sinistra e che Renzi è sembrato voler rottamare con i suoi dirigenti storici. Renzi ha inoltre dato l’idea di recitare a memoria un copione, stesse battute, ripetizione pedante di concetti economici che non sembravano parte del suo bagaglio, ossessione della mediaticità. Si potrebbe continuare ma è meglio finirla qui. Il dato di fatto è che nell’avvenire del Pd Renzi ha posto il problema del ricambio generazionale. Ieri sera l’appello ai trenta-quarantenni a farsi avanti è stata una prova di questa scelta strategica. Gli conviene continuare, e gli conviene farlo incalzando i coetanei del fronte opposto che probabilmente saranno premiati nel futuro governo e che sembrano voler accucciarsi dietro la trascinante forza tranquilla del segretario.
Renzi fa bene a non fare una corrente, anche perchè c’è già, è stata in campo in questi mesi, non è formata solo di ragazzini/e simpatici ma raccoglie parte dell’establishment democratico. Io non credo allo scontro fa spontanei e figli dell’apparato. Non penso che l’apparato, quando è così leggero come quello del Pd, sia una cosa negativa. So che l’apparato che sta con Renzi non è meno apparato di quel che gli si è opposto. Ma la questione è un’altra. La questione è che Renzi dà vitalità a un partito che, come hanno dimostrato questi mesi, vive solo se è vitale, mentre se si ammoscia nella leadership crepa come un vecchio aggeggio.
Personalmente credo che tutti i moderatamente bersaniani dovranno vigilare che non vi siano rivalse contro Renzi e i suoi e che quella parte di Pd che essi rappresentano, e che sa parlare con la gente di fuori, diventi gruppo dirigente. Bersani può fare ameno di Renzi? Può dimenticarlo in un angolo costringendolo al ruolo di oppositore querulo. Non lo farà e se lo facesse commetterebbe un errore capitale. Il successo del segretario del Pd è figlio di tempi che chiedono rinnovamento non coniugato all’antica con la continuità ma con la forza dei passi pesanti.
C’è troppo paura in giro, anche la sinistra ha paura, della crisi, del fantasma di una nuova destra, dell’irruzione dei grillini. Bersani deve accogliere questa paura che è fatta di sensazioni sempre più sanguinose di profondità della crisi, ma deve dare ad essa la prospettiva del futuro. Per questo deve ragionare sempre più con messaggi che mostrino la sua leadership aperta alla società malgrado il suo apparato vorrà incassare tutto intero il vantaggio del successo. Mi aspetto che Bersani chiami i suoi tecnici, faccia appello alle risorse che ci sono in vari campi, che dia l’idea di un governo che assieme a qualche figura più esperta sia la migliore dimostrazione che chi ha fatto bene nella società la può dirigere.
Quando Bersani allude al ringiovanimento spero che abbia in mente imprenditori, ricercatori universitari, gente che ha prodotto cultura che andando controcorrente si è imposta e che vive la fatica di una società vecchia. Mi sono sempre chiesto qual è il ruolo dei vecchi oggi. Credo che sia quello di impedire la cancellazione della memoria ma assieme a ciò quello di pretendere che altre generazioni governino. È troppo triste l’idea di vedere all’opera sempre gli stessi coetanei. È troppo vile accettare dai più giovani la rimozione della storia. È però legittimo avere voglia di vedere in azione una nuova generazione.
Da Bersani mi aspetto questo nel momento in cui, felice di essere stato bersaniano in questi mesi, mi congedo da lui per poterlo incalzare lealmente. Bertold Brecht nel “Libro delle svolte” parlava appunto di coloro che non vogliono salire sul carro né limitarsi ad applaudire il suo passaggio ma ambiscono a spingerlo. È un modello di comportamento adeguato ai tempi se la forza della spinta è accompagnata da un adeguato spirito critico. Da Renzi mi aspetto che si interroghi sul perché tanti non hanno avuto fiducia in lui. La sua colpa non è stato il troppo coraggio ma il timore di portare sulle spalle Anchise. Il coraggio vero è proprio questo.