Ignoro che cosa deciderà il p.m. Antonio Ingroia a proposito della sua “discesa in campo”.
E tuttavia, vista da lontano, a me sembra che l’operazione di proporre una sinistra alternativa affidandosi ai magistrati non sia una grande pensata. Per vari motivi che provo sommariamente ad elencare in punti distinti:
1. forse molti ritengono che la condizione italiana sia di “emergenza legale” e dunque ritengono che l’unica figura di garanzia sia un magistrato. A me pare che l’unico effetto che si produca ogni volta sia il regalo della bandiera della libertà al supposto truffatore (riopercorrere gli ultimi 20 anni per verificare).
2. Avviare un processo di coinvolgimento, di discussione pubblica, in breve di costituente di un’area politica, implica favorire processi dal basso, sollecitare partecipazione, far emergere soggetti sociali, culture politiche, figure che nel processo stesso dimostrano la loro capacità comunicativa, elaborativa, riflessiva. Questo sono i movimenti, quando i comportano da movimenti.
3. Scegliere un nome di successo implica il disconoscimento del punto 2. E dunque tanto valeva nemmeno perdere tempo a lanciare lo slogan “Cambiare si può” (che non sarebbe male anche applicare a se stessi, meglio a cominciare da se stessi). Era sufficiente promuovere una campagna acquisti di “soliti noti” (come del resto sembra stia proprio avvenendo).
Il che poi si traduce nello slogan “Io può”. Tu “non può”.
Propongo che, in nome della coerenza, l’inno del movimento sia Vengo anch’io. No. Tu no di Enzo Jannacci, così che non ci sia nessuno scarto tra parole e fatti. Finalmente!