Quand’ero piccolo mia sorella ripeteva uno slogan ascoltato a scuola: “Se vuoi avere una linea agile snella, segui la dieta di Marco Pannella”. Anni settanta. Un secolo fa. E sì perché già allora quell’uomo grande e grosso diventava, persino per i ragazzini, egli stesso notizia con gli scioperi della fame.
Raccontare, un secolo dopo, quell’uomo a un tredicenne di oggi è impresa epica. Chissà, forse nemmeno lui ci riuscirebbe. Il personaggio, con Giulio Andreotti, senza dubbio più affascinante della nostra storia moderna. Un indomito. Un indomabile. Un radicale. Un appassionato, soprattutto. Un uomo che ha fatto dell’esagerazione la propria ragione di vita. Che, probabilmente, oggi, nell’Italia ormai spenta dall’omologazione, non avrebbe raggiunto le stesse vette di grandezza che invece ha conquistato.
È entrato nelle case degli italiani senza avere una tv. Magari una radio, ma non ci è arrivato grazie a quella. Era sintonizzato su una lunghezza d’onda che li intercettava. A lui, solo a lui, si devono le conquiste del divorzio e dell’aborto. In un’Italia meno bigotta di quella attuale. Ha cavalcato gli anni Settanta e Ottanta. Non c’è altro termine. Ha provocato, sconvolto, deriso quello che potremmo chiamare sistema. In una mitica tribuna politica si fece trovare imbavagliato, con al fianco Emma Bonino, per protesta. Ha portato una pornostar in Parlamento (e col voto, mica con le liste bloccate). E poi Toni Negri (in tanti non gliel’hanno perdonato), Enzo Tortora (all’epoca in disgrazia, tremenda disgrazia, candidato all’Europarlamento). Intercettava l’Italia, ce l’aveva tra le dita.
Poi il tempo è passato. Ma, ancora una volta, ha capito anni luce prima di altri il tema del fine vita. Welby. L’ultima battaglia che ha diviso gli italiani, sempre colpiti nello stomaco da quell’omone abruzzese. Chiedi chi era Pannella, il racconto non sarà tempo perso.