Il 29 novembre Bibliothèques sans frontières, ONG francese, ha lanciato un appello per la lettura. Si intitola “L’urgence de lire”, ma non riguarda vagamente la promozione del libro. Riguarda la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla necessità, dopo le catastrofi, di pensare gli individui che le hanno subite, ancora come esseri pensanti e non solo come individui viventi. Ovvero di valutare la qualità della loro vita e non solo la loro vita biologica. Ovvero di non fermarsi a difendere la vita, ma anche, possibilmente, e auspicabilmente, a migliorarla.
Che cosa significa?
Posto qui la traduzione italiana di quel testo:
Quando sopravviene una catastrofe umanitaria, i primi soccorsi sono rivolti ai feriti che occorre salvare, al cibo, ai ripari e agli indumenti che bisogna fornire velocemente agli uomini, alle donne ai bambini che spesso ne sono sprovvisti. Una volta garantiti questi bisogni vitali, molto velocemente, tuttavia manca qualcosa. Dopo una catastrofe occorre poter leggere, scrivere, comunicare.
Bibliothèques sans frontières (BSF) è intervenuta tre giorni dopo il terremoto di Haiti del 12 gennaio 2010 su richiesta delle istituzioni haitiane che pensavano che il suo intervento fosse urgente. Noi siamo stati colpiti da alcune reazioni che abbiamo incontrato in Francia, in Europa e in America quando molti dei nostri interlocutori ci hanno detto “Ciò che voi fate è veramente prioritario?”
Oggi nessuno dei principi guida dell’ONU allorché si stratta di gestire persone vittime di disastri naturali non si concentra sulla questione del soccorso intellettuale dell’essere umano in pericolo, ovvero il bisogno di informazione, di dialogo e di rassicurazione. Al centro di quell’intervento sta l’alimentazione di base, l’acqua potabile, un riparo,le case, il vestiario, le strutture sanitarie, l’assistenza medica. Ma pressoché mai i mezzi di comunicazione e di informazione, ignorati, peraltro, anche dalla maggior parte delle organizzazioni di aiuto umanitario
Che cos’è un uomo, una donna, un bambino, una volta che la loro vita sia salva, il suo nutrimento e le sue cose ritrovate se, senza attività, non può leggere, disegnare, comunicare e in questo modo riprendere il suo posto nella comunità umana, per progettare il suo avvenire e ricostruirsi? Nutrirsi, ripararsi, curarsi restano sicuramente delle priorità immediate in situazioni di emergenza, ma poi l’azione internazionale deve, rapidamente, sforzarsi di dare accesso alle vittime di catastrofi all’informazione, alla comunicazione e alla cultura.
Le biblioteche possono essere il punto di condivisione e di circolazione dell’informazione in situazione di crisi. L’esempio del formidabile impatto delle biblioteche cilene, in seguito al sisma del 2010 verificatosi nel nord del paese, è sorprendente:il loro ancoraggio diretto alle comunità locali, la loro competenza e capacità di fare in materia di ricerca, di verifica e di messa a disposizione dell’informazione, hanno svolto un ruolo decisivo per il salvataggio di uomini, la prevenzione di nuovi rischi e la rimessa in dì funzione di mezzi di accesso all’informazione.
Ecco perché BSF, forte della sua esperienza a Haiti, dei suoi interventi in Tunisia e in Rwanda, ha deciso di lanciare questo appello internazionale perché la lettura, la scrittura, l’accesso all’informazione facciano parte del’aiuto di emergenza; perché le organizzazioni di aiuto e gli Stati assumano questa dimensione come essenziale dei bisogni umani. Per guarire e ricostruire occorre anche poter leggere e comunicare.
In Italia non sarebbe male che una buona parte del mondo intellettuale lo facesse proprio. Per esempio questo appello al di là di riguardarci in senso generale non dice nulla, a noi a proposito de L’Aquila?
E’ significativo, invece, scorrendo l’elenco dei firmatari, come si legge alla fine dell’appello alla stessa pagina web, scoprire che tra gli italiani compaia significativamente (e comunque Chapeau!, tanto per rimanere al francese) solo il Prof. Luciano Canfora.
Ho pensato che forse dipendesse dal testo in lingua e allora ecco perché l’ho tradotto (certo si poteva fare di meglio, ma l’importante è comunque fare qualcosa) Ma forse non dipende solo dall’ostacolo linguistico. Chissà?