Ad Oslo l`Europa ha parlato di e da Europa, mentre i tre Presidenti ritiravano il Premio Nobel per la Pace “a nome di tutti gli Europei” (qui il discorso). Qui una considerazione laterale ed una nota di colore, pensando ai giovani italiani e credendo che vale il principio di “Obliquity: Why our goals are best achieved indirectly” (John Kay di Oxford e Financial Times).
Giuliano Amato aveva dato l’endorsement in un’intervista ad Aspenia affinchè fosse la “GENERAZIONE ERASMUS” a ritirare il Premio Nobel (“tra le ipotesi che circolano, trovo più convincente l’idea (non mia) che mandiamo a ritirarlo ventisette giovani che abbiano fatto l’Erasmus, cioè rappresentativi di uno dei programmi più belli che l’Europa ha realizzato – e che oggi rischia di non essere più finanziato, tra le tante ripercussioni dell’austerità. Quei giovani dell’Erasmus vivono già l’Europa dentro di sé, e potrebbero essere capaci di riprendere a edificarla, proprio mentre alcuni lavorano per cambiarla in direzioni che, a mio parere, rischiano di distruggerla”).
Il Ministro degli Esteri Finlandese Alexander Stubb sperava che il Premio fosse ritirato dai veterani della Seconda Guerra Mondiale e dai giovani, perché i primi rappresentano il passato, ed i secondi rappresentano il futuro.
Io non so quanto i giovani si sentano europei e quanto l’Europa riesca ad ascoltare i giovani. La situazione é grave, e basta guardare ai tassi di disoccupazione giovanile in Italia ed in Spagna per avere una fotografia della gravità della crisi.
Notai, in un breve editoriale, pubblicato da European Voice (il settimanale pubblicato da The Economist Group a Bruxelles), in cui esprimevo i miei dubbi: secondo me ci troviamo in un momento che definirei “ INTER-REGNUM EUROPE” e il patto inter-generazionale é molto fragile, e con troppe incognite.
Lo ricordava von Rompuy nel discorso del Premio Nobel, citando Erodoto: “ In pace i figli seppelliscono i padri, in guerra sono invece i padri a seppellire i figli”. Questo é un fatto della storia europea, ed ha avuto forti ramificazioni e conseguenze per l’integrazione europea. La fuga dalla guerra era la motore principale dell’integrazione europea.
Ora il timore della guerra é diventato un concetto astratto e la memoria della guerra come collante sociale ed internazionale viene meno, ci si chiede perché l’Europa abbia meritato il Premio Nobel (il Premio Nobel rimane un Premio per la Pace, non per la Politica) e cosa abbia fatto l’Europa per noi (qui un video inglese di 80 secondi che cerca di dare risposta).
Helmut Kohl ne era consapevole ed in dialoghi privati con Romano Prodi segnalava come il “sentimento tedesco” avrebbe potuto cambiare in un futuro prossimo, quando la memoria ed i testimoni della Seconda Guerra Mondiale fossero scomparsi (spesso Kohl ricorda il fatto che il fratello della madre perse la vita sul Reno nella Prima Guerra Mondiale, il fratello Walter la perse durante la Seconda ed avesse chiamato il figlio Walter per non perdere la memoria, visto che le nuove generazioni viaggiano attraverso le fronitere senza passaporto).
Il futuro dell’Europa ed il ruolo dei giovani in Europa – ed in Italia – rimane una questione aperta. Ma sta soprattutto ai giovani rispondere.
Affinché queste riflessioni nobili-norvegesi sull’Unione Europea non sianoPrediche Inutili (1959), per superarela veduta corta dei paradigmi pre-crisi e per “ guardare lontano” (come scrivono Mario Monti e Sylvie Goulard in “Democrazia in Europa”), bisogna ripensare all’Europa, all’Italia di oggi ed al ruolo dei giovani.
Dovremmo ricordandoci che Giuseppe Mazzini aveva 26 anni quando fondó la Giovine Italia nel 1831; Garibaldi incontró Mazzini a 26 anni, e già un anno dopo pendeva sulla sua testa una condanna a morte per insurrezione mazziniana; Giuseppe Verdi compose il Nabucco all’età di 29 anni. Ora li vediamo come statue con la barba, ma senza i giovani non ci sarebbe stato il Risorgimento. E senza giovani e l’Europa, l’Italia non esce dalla crisi.
POST SCRIPTUM ITALO-EUROPEO : L’UE ha ricevuto il Nobel per la Pace e gran parte del discorso si é concentrato esplicitamente sulle relazioni franco-tedesche e sulla storia dell’Europa. Il pubblico ha rotto il protocollo di questo “ dignified ceremony” per ben quattro volte: era stato chiesto di non alzarsi in piedi, ma la prima standing ovation partì proprio quando von Rompuy parló delle relazioni tra Francia e Germania, che provocarono 3 guerre in 70 anni (1870, Prima e Seconda Guerra Mondiale), ma che firmarono un Trattato di Amicizia nel 1963 e si impegnarono nell’integrare l’Europa. La telecamera si focalizza sul volto di Angela Merkel e Francois Holland, nella prima fila degli invitati d’onore.
Implicitamente questa “dignified ceremony” é stata molto italiana. Almeno in 4 momenti, degni di nota (e non solo quando fu citata “ Roma Città Eterna” come segnalava La Stampa )
Alla vigilia, non sembrava così – e per questo notiamo a margine questa dimensione. Il ruolo dell’Italia nella costruzione dell’Europa era stata dimenticato nel video ufficiale delle istituzioni europee: intervenne l’Amb. Nelli Feroci, rappresentante diplomatico italiano a Bruxelles; il Presidente del Consiglio von Romuy si scusó; e fu fatto un nuovo video.
Inoltre Mario Monti arrivava ad Oslo dopo una crisi di governo, come scriveva l’Huffington Post Italy: “ “It’s déjà vu all over again” : l’Italia post-Monti vista da Oslo pre-Nobel” . L’Europa era incredula e smarrita di fronte alla nuova instabilità dell’Italia, che sembrava aver nuovamente perso “La visione internazionale di Alcide de Gasperi”, descritta dalla extra-ordinaria lectio degasperiana dell’Amb. Sergio Romano.
I. Il Presidente del Comitato Nobel Norvegese Thorbjørn Jagland, dando la motivazione del Premio Nobel all’EU, ricordó che i dipinti della Oslo City Hall (che ospitava la cerimonia) si ispiravano direttamente ad Ambrogio Lorenzetti e alla Allegoria del Buon Governo (1338-1339) di Palazzo Pubblico a Siena – ed all’affresco degli effetti del Cattivo Governo.
Ed in questi giorni ci ricordava l’essenza di “Good Italy, Bad Italy” (chiave di lettura di Bill Emmott all’Italia moderna) – ma Jagland pensava alla simbologia del dipinto, non alla situazione italiana odierna (e due interpretazioni dello stesso dipinto senese furono date in lezioni magistrali da Quentin Skinner alla British Academy e da Norberto Bobbio ai Lincei).
II. Sempre von Rompuy ricordó il discorso di Berlino di JFK nel 1963, quando John Fitzgerald Kennedy disse “Ich bin ein Berliner”. Ma se ricordiamo ildiscorso completo del Presidente Americano diceva, nella frase precedente: “2000 anni fa, il più grande orgoglio era dire ‘civis Romanus sum ’. Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire ‘Ich bin ein Berliner’”. E concediamo a von Rompoy che lo trasformó in “Io sono un Europeo/Ich bin ein Europäer” (sottolineiamo qui a margine che Mercator Stiftung, grande fondazione tedesca, lanció la notevole campagna pubblica “Ich will Europa/Io voglio l’Europa”, sostenuta da Angela Merkel, Guido Westerwelle, Helmut Schmidt et alii, proprio perchè in tempi di crisi e di public misunderstanding tra i popoli europei, la Germania volle sottolineare la propria vocazione europea).
III. Nel discorso di Oslo vennero ricordati i Trattati di Roma del 25 Marzo 1957, date che noi italiani non possiamo dimenticarci. E non va dimenticato il ruolo dell’Italia in ogni momento di rilancio dell’Unione Europea: i Trattati di Roma furono preparati dalla Conferenza di Messina; la creazione del Mercato Unico Europea (e la prima revisione dei Trattati, rimasti intoccati dal 1957 fino al 1986) fu preparata dalla Conferenza di Milano, guidata da Craxi; il ruolo di Tommaso Padoa-Schioppa nella creazione dell’Euro non va dimenticato o sottovalutato.
La vocazione europea dell’Italia va riaffermata in questo 2012, che ha visto la crisi dell’Euro manifestarsi nel suo vigore, ma che ha anche celebrato il Premio Nobel per la Pace ed il Ventennale del Mercato Unico Europeo.
Alla cerimonia parteciparono il Presidente del Consiglio Mario Monti, il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi ed anche il leghista Francesco Speroni, Parlamentare Europeo (Romano Prodi era impegnato a New York al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a discutere di Mali e del nuovo ruolo che ha assunto per l’ONU, dimostrando un grande senso del dovere – e possiamo solo immaginare quanto sofferta sia stata l’assenza da Oslo).
IV: Durante la cerimonia Nobel, un momento musicale fu dedicato a cantare Mattinata di Ruggero Leoncavallo ed a ricordare che…(interpretazione libera)…
“L’aurora di bianco vestita
Già l’uscio dischiude al gran sol;
Di già con le rosee sue dita
Carezza de’ fiori lo stuol!
Commosso da un fremito arcano
Intorno il creato già par;
E tu non ti desti, ed invano
Mi sto qui dolente a cantar (…)
Ove non sei la luce manca;
Ove tu sei nasce l’amor”.
E chissà cosa avra pensato Mario Monti, se all’Italia che lasciava da dimissionario Presidente del Consiglio, se all’anarchia milanese del Centro Sociale Leoncavallo, se alle parole che disse la settimana precedente ad ItaliaCamp a 1700 giovani a Verona (sembra passato un secolo, anzichè una settimana – ma le parole di Monti erano: “ scommettere sul futuro, voler essere attori protagonisti del rinnovamento nazionale a cui tutti siamo chiamati dopo questa crisi economica che ci ha fatto capire le radici profonde della crisi…occorreranno persone preparate, serie, capaci di leggere il cambiamento, di esigerlo, di saperlo indirizzare, nel campo dell’industria e della politica. Sono finiti i tempi degli slogan, delle facili promesse. Oggi è il tempo della responsabilit à , del saper fare, della credibilit à ”).
Chissà se Mario Monti ad Oslo sarà riuscito a “guardare lontano” ed alla “ Democrazia in Europa” – come scriveva ed auspicava nel libro con la carismatica Sylvie Goulard.
Giovane Italia & Giovine Europa?
Democrazia in Europa? Goulard/Monti,Asle Toje…& “ Gli Italiani di Domani”