The Thin Line inizia il suo primo viaggio raccontando una storia tristemente vera.
È una storia d’ingiustizie, di poteri forti, di governi collusi, di silenzi e cadaveri. Siamo nel periodo che va dal 2002 al 2009 in Colombia.
Il governo Uribe è nel pieno della sua guerra contro le droghe. Gli Stati Uniti, finanziano con cifre esorbitanti la ” War on Drugs”, su due fronti quello aereo e quello terrestre.
Attraverso il fronte aereo, la Colombia viene bombardata da diserbanti tossici (prodotti dalla multinazionale statunitense Monsanto) con l’intento di bruciare le radici della pianta di coca.
Attraverso il fronte terrestre, l’esercito colombiano, con l’obiettivo di dover sradicare manualmente le piante di coca, in realtà adopera un’offensiva violentissima contro il problema principale (secondo Uribe) per la pace nel territorio andino: il gruppo armato rivoluzionario delle F.A.R.C.
Le due offensive non hanno però i risultati sperati, le fumigazioni aeree non risolvono il problema della coltivazione spingendo i narcotrafficanti a spostarsi nei paesi limitrofi, mentre l’offensiva terrestre produce più vittime ai danni dello stato che ai nemici delle F.A.R.C.
Gli Stati Uniti, per continuare a finanziare il “Plan Colombia” devono sfoggiare dei numeri, hanno bisogno di risultati, e se questi non arrivano si fa ben presto a falsificarli, si comunicano dati errati di produzione di cocaina ed il gioco è fatto.
Però se si parla di guerra, come fare a falsificare dei morti in battaglia?
È in questo momento che entra in gioco l’atrocità dei Falsos Positivos. Per influenzare l’opinione pubblica nazionale e internazionale sugli ottimi risultati ottenuti dal Plan Colombia e dalla lotta alle droghe, Il governo Uribe utilizza una tattica vecchissima ma sempre di grande efficacia: più guerriglieri vengono uccisi migliori sono i risultati che legittimano l’operato dell’esercito. Ma se I guerriglieri non vengono scovati? Bisogna cercare a tutti i costi dei cadaveri da travestire da membri delle F.A.R.C.
Questo ha dato luogo ad uno sterminio di massa da parte dell’esercito ai danni di giovanissimi, selezionati nella vasta armata colombiana di senzatetto, marginati, indigenti che si aggirano per le strade. I ragazzi sono reclutati da parte di prostitute o sequestrati e trasportati nelle periferie delle città dove vengono seviziati, violentati e alla fine uccisi dai membri delle forze armate, per poi successivamente presentare alla stampa i loro cadaveri come guerriglieri uccisi in combattimento.
Questa storia tristemente vera, tristemente sconosciuta, è rimasta all’oscuro per anni, solo nel 2008 è stata avviata un’inchiesta a riguardo.
Un giornalista italiano Simone Bruno, che ho incontrato con piacere a Bogotà, insieme al suo collega Dado Crillo, hanno avuto il coraggio di fare quello che in molti, purtroppo non riescono a fare: denunciare.
L’hanno fatto in maniera esemplare, nel migliore dei modi, con un documentario d’inchiesta che spiega impeccabilmente la cruda realtà della tragedia.
Circa due settimane fa, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha presentato una relazione dalla quale si evince che vi sono ragionevoli motivi per considerare il caso dei “Falsos Positivos” come strategia politica di Stato, confermando che “gli omicidi commessi sono stati eseguiti al fine di aumentare gli indici di successo militare”.
La situazione attuale è drammatica, colui che era il Ministro della Difesa dell’epoca invece di pagare il prezzo “politico” per la tragedia è ora diventato il nuovo presidente della Repubblica colombiana, e i dati inizialmente raccolti dall’inchiesta sono vertiginosamente cresciuti.
Dal 2009 ad oggi sono più di 3000 gli omicidi di civili assassinati e passati alla storia come guerriglieri di una guerra che non hanno mai combattuto.
La verità giudiziaria come sempre in questi casi è sconosciuta, ma quella reale è tristemente nota, e questo documentario la descrive perfettamente.