Pamela, Fiona e Gina, sono tre ragazze newyorkesi. Stanno prendendo il sole in una piscina della loro città. Pamela indossa un costume intero. Fiona legge un libro, Pamela e Gina sono cugine. Quale delle seguenti proposizioni è vera:
a) Fiona è una studentessa universitaria;
b) Pamela è grassa;
c) a Roma non sono le 9 del mattino;
d) Pamela e Fiona sono cugine”.
Pare che questo sia stato uno dei quesiti di “logica” che ha sbarrato la strada a molti candidati alla prova del concorsone che s’è tenuta ieri. Ebbene, io non avrei saputo neanche da dove iniziare. Panico assoluto. Avrei lasciato cadere la penna o il mouse prima di avventurarmi a rispondere: sconfitta per rinuncia del concorrente. C’erano alcune sezioni della “Settimana enigmistica”, quelle di logica appunto, che per me erano luoghi proibiti, mentre riuscivo quasi sempre a risolvere il “Bartezzaghi” e anche quello finale a schema libero con l’annerimento di 42 caselle. Perché? Qualcuno richiamerebbe il saggio Le due culture (umanistica e scientifica) di E. Snow, qualcun altro la conformazione fisica dei due emisferi cerebrali e la prevalenza della logica e dell’analogica nell’uno o nell’altro.
Fatto sta che i test (non abbiamo termine equivalente in italiano, ci sarà pure una ragione, mentre l’abbiamo per mafia, per adagio, allegro ma non troppo , per “salto mortale”, per “dolce far niente” ecc) sono frutto di una cultura altra da noi, quella anglosassone prevalente oggi nel mondo occidentale, che deriva dritto dritto dall’empirismo inglese che ha radici solidissime già nel Medioevo con Duns Scoto e Guglielmo di Ockam fino a Hume a Boole a Turing. Insomma noi siamo di scuola idealista (Gentile e Croce), la nostra formazione è logico-discorsiva, non abbiamo alcuna familiarità con la logica formale, che pure in Italia ha avuto i suoi campioni (Peano, Enriquez) e che ha dovuto attendere i tardi anni ’70 del secolo scorso per avere la degna entratura nelle università italiane grazie alla scuola di Geymonat (Mangione, Tagliagambe, Giorello). Con una precisazione: la logica e la filosofia analitica sono rimaste confinate alla sola università di Milano perché tutto il resto della penisola è terra incognita alla filosofia analitica, alla logica, sia sillogistica assertiva come alla logica aletica o a tre valori …
Il più grande studioso italiano di logica antica, Guido Calogero (nella foto con la famiglia), sfotteva i logicisti, riteneva che volessero utilizzare la logica come “grimaldello dell’assoluto” (un passepartout universale, insomma) comunque un attrezzo inservibile, diceva lui, per via della metaformalità del nostro ragionare, del nostro pensiero. Come fai infatti ad adottare software formali in hardware metaformali? Se andate a leggere la voce “logica” della enciclopedia Treccani (stilata proprio da Guido Calogero) troverete questa tirata contro i sillogismi stoici quelli basati sulla “implicazione formale” (i test di Fiona & c., mi sembrano di questo tipo) e la moderna scuola logicista (compresa la scuola di Varsavia – Tarski, Lukasiewicz, Bochenski -, che Calogero meglio conosceva)
sillogismi che non sillogizzavano nulla, perché […] non fornivano che implicazioni tautologiche di constatazioni di fatto annuncianti la necessaria connessione o incompatibilità di due verità obiettive. Gli stoici elevarono a sistema questi tentativi dei primi peripatetici, con risultati che tradizionalmente irrisi, vorrebbero ora, coerentemente, rimettere in onore quegli storici e teorici della moderna logicistica, che partecipano fra le altre, anche di questa sofferta confusione mentale.
Ora, noi siamo immersi in questa tradizione calogeriana. Può darsi che abbiamo sbagliato fin qui, anche se con questo sapere filosofico di fondo e con questa attrezzeria concettuale ci difendiamo bene anche all’estero.
Però se il paradigma culturale è cambiato, se introduci paradigmi esteri (legittimi, legittimissimi, anzi pare che siano superiori) devi cambiare la didattica della scuola e i programmi. Addestrare alla logica i ragazzini, addestrare tutti, anche me, a superare i test (pare che stiano nascendo vere e proprie imprese per supplire a questa improvvisa richiesta del mercato). Non è vero che si tratta di semplici giochi logici, che non si può insegnare il procedimento logico: c’è anche qui un particolare “codice gnomico” che una volta noto e praticato con gli esercizi aiuterebbe gli esaminandi. Fino ad ora siamo stati abituati ai temi, agli elaborati scritti più o meno lunghi, ai quesiti a risposta multipla: se questo è il nuovo gioco occorre subito correre ai ripari.
Non puoi immergere gli allievi e la cultura nazionale nell’esprit de finesse e fargli gli esami con l’esprit de géometrie (cosa in cui solo Blaise Pascal, inventore di questa formula, era bravo).
P.S. La risposta esatta è c) a Roma non sono le 9 del mattino, perché l’implicazione tacita è che se a New York splende il sole, l’unica cosa certa è che a Roma non possono essere le 9 del mattino, in quanto ci sono sei ore di fuso orario, e a New York sarebbero le tre di notte, mentre le altre ipotesi non si possono escludere ma non sono certe, cioè sono possibili. Considerazione capziosa: perché non fare una domanda chiusa piuttosto che questo giochino? Perché non chiedere: quante sono le ore di fuso orario tra Roma e New York? Quale norma culturale lo vieta?