Sabato pomeriggio sono stata ospite a Campi Bisenzio degli “amici” di Fermare il Declino per parlare del fallimento del fenomeno Nord-Est.
Per chiarezza, ci sono andata non da aderente al movimento (a cui auguro tanta luce illuminante, tanta fortuna e tanti voti tolti ai vecchi politicanti) ma per affetto nei confronti di Giordano e Oscar e per parlare di una cosa che fa paura e di cui nessuno parla.
Non è stato facile.
Non è mai facile per me trasformare in parole il freddo che sento dentro.
Non è mai facile per me rendere in suono il veleno che mi scorre nelle vene.
Non è mai facile per me descrivere un male oscuro in maniera razionale.
Non è mai facile per me ammettere la sconfitta. E quello di cui ho parlato sabato, ma anche in questo e negli altri miei blog, è una profonda sconfitta.
Pesante, insopportabile, lacerante, che brucia trasformando in cenere i fasti di un glorioso passato.
E di fronte alla sconfitta di un POPOLO (popolo inteso senza nessun intento secessionista, di rivoluzioni con fucili in mano, o di altra velleità leghista) è difficile trovare voce, le corde vocali si ghiacciano e vibrano solo di dolore e non producono suoni.
ABBIAMO PERSO.
Il modello Nord Est osannato, studiato e ammirato per decenni in tutto il mondo è morto.
E quelli che sono “andati avanti” ne sono solo l’aspetto visivo.
Solo la crosta superficiale.
Il Nord Est è morto dentro. Che è una morte ancor peggiore …
Solo 20 anni fa la mia era terra del miracolo economico e dei sogni realizzabili, dove tutti potevano aprire una fabbrichetta o un’attività e diventare ricchi.
C’era un’euforia magica ed incredibile. Operai che si licenziavano ed aprivano la loro attività, lavorando da padroni per quelli che erano stati i lori padroni.
Poi nel 2008 è arrivata la Crisi.
Una crisi pesante come un cancro incurabile e inguaribile.
Durante la crisi del 1929 erano i banchieri a suicidarsi, in questa Crisi del 2008-2012 sono gli Imprenditori.
Un cancro più marcato qui da me che in altre parti perché di base siamo un POPOLO meno attrezzato ad affrontare una situazione di grave disagio.
Qui andava tutto bene.
Ma non era vero.
Era un modello caratterizzato da poca managerialità basato su molta improvvisazione e tanta voglia di fare.
Un modello basato sul fare, sul produrre, sull’inventare.
Nessuna importanza al vendere, distribuire, fare concorrenza, organizzarsi, studiare strategie o altro.
Un modello dove i cda avvenivano alla domenica dopo il rituale pranzo, tra briciole di pane e bicchieri di rosso, tra i vari membri della famiglia …che tanto le decisioni da prendere le prendeva solo il titolare.
Imprenditori innamorati delle proprie aziende il più delle volte ereditate da generazioni in generazioni, con l’obbligo morale nel continuare a portarle avanti.
Un amore immenso. Un amore pari a quello di un genitore per un figlio. Un amore giocato sul posto con una responsabilità sociale nei confronti del territorio.
E di tanto amore si muore.
E allora chiudere o fallire diventa una vergogna. Un veneto, più di altri italiani, non accetta l’idea del fallimento.
La nostra cultura non lo prevede.
E’ qualcosa che NON può succedere.
Eppure è successo che il modello è fallito.
La Crisi ha fatto affiorare le debolezze del sistema delle piccole e piccolissime aziende che finchè tutto andava bene, nel passato, finchè tutto girava creando ricchezza, piena occupazione e benessere nessuno conosceva.
Ma la Bestia era latente. Era solo assopita.
La Bestia.
La Bestia iniziava silenziosamente ad attaccare i globuli bianchi. La Crisi ha attaccato i schei. Schei unico valore, valore onnicomprensivo del tutto, lavoro nuova religione, schei sistema di misurazione della reputazione.
Il piccolo imprenditore veneto indebitato non è solo in crisi economica ma è in crisi totale, nervosa, mentale e morale perché uno che non ha mai vissuto coi debiti si spaventa a morte quando li ha.
Il piccolo imprenditore che non deve chiedere nulla a nessuno, arriva a darla vinta alla Bestia. Non combatte con chemio e radio ma la lascia vincere. Anzi segna autogol per accelerare lo sgancio dal dolore.
Ma io sono certa, e non me lo dico per darmi coraggio, che la Bestia può essere sconfitta.
Ci vorrà tempo, sarà più difficile delle altre volte.
Serviranno più cicli di radio e chemio ma i globuli bianchi si possono nutrire di orgoglio, di riscatto, di coraggio e del ricordo di quelli che sono andati avanti …