RossaFrecciaIl professore al bivio

Ci separano poche settimane alle elezioni di febbraio, ma solo un pazzo può sentirsi tranquillo rispetto al risultato che uscirà delle urne. Sembriamo infatti un treno alta velocità di ultima gener...

Ci separano poche settimane alle elezioni di febbraio, ma solo un pazzo può sentirsi tranquillo rispetto al risultato che uscirà delle urne. Sembriamo infatti un treno alta velocità di ultima generazione che viaggia a 400 chilometri l’ora puntando deciso contro il muro. Vediamo perché.

Allo stato sono certe tre formazioni presenti nell’urna con obiettivi ambiziosi. C’è il Pd di Bersani, che viaggia con sondaggi positivi intorno al 30% ma che porta al suo interno contraddizioni pronte ad esplodere in caso di vittoria (come già accaduto due volte a Romano Prodi). In Italia infatti la convivenza fra l’ala sinistra dello schieramento e quella moderata non hanno mai saputo diventare forza di governo su scala nazionale per più di diciotto mesi.

C’è la Lega Nord (5-10%) che sta ancora cercando di smaltire le tossine degli ultimi anni bossiani, quelli con il leader maximo più simile al Breznev dell’ultima fase che all’irruente capopopolo che imbracciava lo spadone padano. È c’è infine il ciclone Grillo (15-20%), paladino della contestazione dura e pura ma già alle prese con epurazioni assai poco edificanti e una gestione del movimento che mostra la corda.

A destra regna il caos, complice il declino dell’uomo che ne ha incarnato pregi e difetti in misura totalizzante per due decenni, quel Silvio Berlusconi che cerca di giocare al meglio il finale di partita ma deve accettare autentiche delegittimazioni pubbliche come quella avvenuta a Bruxelles in settimana.

Su questo scenario desolante si staglia la figura del premier Mario Monti. Fortissimo all’estero e nell’Italia che conta, il professore non è certo un campione di popolarità nei ceti medi e bassi, che lo rispettano ma vedono la pressioni fiscale crescere, il lavoro sparire e le prospettive economiche future tendenti al negativo spinto. A questo punto lui ha il boccino in mano, ma si trova davanti a un bivio.

C’è la strada Ciampi a sinistra e quella Barroso-Merkel a destra. La strada Ciampi è quella del super tecnico espressione dei “poteri forti”, perfetto per ogni incarico di grande responsabilità (Quirinale ad esempio). In fondo è la strada che gli consiglia, in modo brusco per la verità, anche Massimo D’Alema.

La strada Barroso-Merkel è invece quella indicata nel vertice europeo del Ppe, cioè mettersi alla testa dello schieramento moderato, facendo confluire Pdl, Udc e altre iniziative di area (la lista Montezemolo ad esempio) nello stesso cartello, per arrivare a un confronto elettorale e vincerlo in nome dell’Europa e nella tradizione della grande famiglia che fu di De Gasperi e Schuman.

Tertium non datur. La prima soluzione conviene certamente a Monti sul piano personale. La seconda potrebbe convenire all’Italia. Magari ricordando che la nostra capitale è Roma, mentre Berlino e Bruxelles sono città di paesi amici e alleati.

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