La Frusta LetterariaIndagine sulla stupidità

 In margine alla lettura di Allegro ma non troppo di C.M. Cipolla (ultima ed. 2007, Il Mulino) Quando lessi questo libro di Carlo M. Cipolla – che è il più grande trattato “scientifico” sulla stupi...

In margine alla lettura di Allegro ma non troppo di C.M. Cipolla (ultima ed. 2007, Il Mulino)

Quando lessi questo libro di Carlo M. Cipolla – che è il più grande trattato “scientifico” sulla stupidità umana – ero immerso in letture flaubertiane. Il libro cadde perciò in piena consonanza con quelle letture. Gustave Flaubert è infatti uno dei più grandi studiosi della stupidità umana, che egli chiama nella propria lingua bêtise. Bouvard e Pécuchet è il libro di Flaubert che, più di ogni suo altro, ha per oggetto di indagine quella forma suprema di stupidità che è l’idiozia intellettuale, ossia l’idiozia al quadrato, perché si nutre proprio di ciò che dovrebbe essere il suo naturale contravveleno: il sapere e i libri, ovvero il sapere contenuto nei libri.

Ma se ci fate caso e gli studiosi di Flaubert lo sanno molto bene–, oltre a Bouvard anche Bovary reca un nome che trova la sua radice nel francese “bœuf”, bue. È sintomatico che Flaubert, nel voler fare uno studio sulla stupidità umana da cui fu sempre attratto sentendosene toccato ( ricordo ai non specialisti il trattato immenso di Sartre dedicato a Flaubert intitolato giustappunto L’idiota della famiglia), scegliesse dei nomi che richiamavano un animale simbolo della pazienza sì, ma anche dalla faccia pochissimo intelligente, anzi piuttosto stupida, specie quando rumina. D’altronde in francese per dire stupido e stupidità si dice “bête” e “bêtise”, ed era perciò più che logico che Flaubert, nel cercare i nomi per i suoi stupidi protagonisti, non andasse lontano dal mondo animale col quale era così a contatto nella sua Normandia. (Ma rammento che anche in siciliano l’epiteto di “bestia” designa lo stupido, vedi l’esclamazione-tipo: “Ma quantu si bbestia!”, cioè: “Ma quanto sei stupido”!).

Ora, già Cervantes aveva tratteggiato in modo artisticamente superbo l’insufflarsi dell’idiozia nella mente del lettore privo di vigilanza e illustrato mirabilmente i disturbi comportamentali che essa reca, proprio a partire dalla cattiva rappresentazione mentale del mondo in sé e di proiezione di sé nel mondo. Flaubert (che amava talmente Cervantes da dire che “Emma era la cugina scema di don Chisciotte”), lo segue su questa strada, rimarcando con sottile perfidia intellettuale che l’oggetto reale della polemica è invero l’impossibile liberazione dell’uomo da questa tabe spirituale, che cresce come un’ombra, tanto più quanto più cresce la sua potenza tecnologica (la stampa, la fotografia ieri, la televisione, internet oggi); anzi, il “braccio” tecnologico è destinato a potenziare la sua bêtise, a fargli assumere misure planetarie.

Ma se quella di Cervantes-Flaubert è una idiozia delle zone alte dello spirito, ossia quella che si produce e riproduce per mezzo dei libri, occorre subito aggiungere che quella indagata da Cipolla (ma anche da Musil che trattò il soggetto nel suo Saggio sulla stupidità ) è invece la stupidità terra-terra, quella comune, della vita di tutti i giorni, priva di grandezze intellettuali e ricca di tante miserie morali – quella che circonda e assedia e affligge le nostre esistenze dalla levata fino al sonno notturno. Nel caso di Cipolla occorre dire che il suo punto di vista si limita ad una sorta di “economia della stupidità”: infatti nell’enucleare rispetto all’agire e all’analisi costi-benefici quattro categorie di individui: l’intelligente , lo sprovveduto, il bandito e lo stupido, Cipolla trascura tutti i riflessi estetici, intellettuali, talora anche lirici che la stupidità comporta in ambiti esterni all’azione.

In genere i cultori della stupidità, nel trattare la guasta materia di studio, entrano in un meccanismo di attrazione e ripulsa circa il proprio oggetto di indagine. Temibile e perniciosa com’è, la stupidità impone cautele e strategie di trattamento. Alcuni la rivestono perciò dell’estetismo più outré, fatto che li induce a considerare l’idiozia come una sorta di sublime, seppure un sublime visto dal basso (i cultori del trash sanno di cosa sto parlando), con tutte le ambigue fascinazioni che può indurre nelle menti di questi raffinati esteti l’aver visto dritto negli occhi la Medusa, ma anche, vorrei dire, con i pericoli connessi a questo genere di approccio, che possiamo riassumere nella sindrome psichiatrica detta di Getzler (brevemente e volgarmente: chi va con lo zoppo…). Mentre non è difficile vedere che altri se ne difendono esorcizzandola e indicandola come cosa altra da noi, una deiezione dello spirito che riguarda gli altri più che noi stessi. Accade sempre così: chiamiamo erotismo il sesso fatto da noi, pornografia quello degli altri.

Cipolla appartiene a quest’ultima categoria di studiosi, verso cui in parte io dissento. Da segretario generale aggiunto degli stupidi, vorrei perciò recare il mio contributo dall’interno della categoria, vorrei cioè esprimere il punto di vista della categoria degli studiati. Anche nell’antropologia culturale accade che il Tupinambà venga studiato e interpretato senza diritto di parola, e indagato attraverso il regard éloigné dell’antropologo. Protesto contro questa metodologia di indagine. Solo un Tupinambà vi può dire che cos’è nell’intimo un Tupinambà (anche se la questione a questo punto si complica maledettamente perché nel momento in cui il Tupinambà parla di se stesso non è più un inconsapevole Tupinambà ma… un antropologo di cui assume fatalmente lo stesso sguardo distanziato). Sia come sia, vorrei esprimere il punto di vista dei Tupinambà, da Tuninambà, dunque da antropologo di me stesso.

Ebbene, signori, l’intelligenza e la stupidità vivono purtroppo in simbiosi entro tutti noi: e non solo perché l’una ha bisogno dell’altra per connotarsi. Esse sono il dritto e il rovescio della nostra sostanza spirituale umana. Sono entrambe in noi, dentro di noi, inestricabilmente avvinte, come due lottatori eterni, per usare una celebre espressione di Baudelaire. È difficile prevedere a chi arriderà la vittoria finale, sia nella nostra vicenda individuale come, più in generale, in quella dell’intera umanità alla fine di questo eterno combat. Tutti siamo più o meno occasionalmente stupidi, tutti siamo gli untori più o meno consapevoli di questa peste spirituale che è la stupidità umana. Anche presso l’uomo più intelligente, ahimè, resta abbastanza stoffa per ritagliarne un imbecille! Ma forse, e dico forse con tutto il timore del caso, allo stupido integrale, quello mirabilmente indagato da Cipolla, manca la consapevolezza della propria stupidità, perché se egli l’avesse cesserebbe di essere tale o sarebbe quanto meno uno stupido intelligente.

Rileggiamoci pertanto le cinque leggi della stupidità umana che ho tratto in forma sintetica (con lo stupido copia e incolla) dall’aureo libretto di Carlo Maria Cipolla, pregando l’ipocrita lettore di acquistarlo per leggerlo di tanto in tanto e meditarlo, nella convinzione che se ci si trova nella schiera degli stupidi, la sua lettura ci possa emendare catarticamente contribuendo così alla riduzione del carico di stupidità che grava sul mondo, mentre se si è intelligenti possa far meditare sulla potenza della stupidità, che stupidamente non avevamo visto.

***

La Prima Legge Fondamentale della stupidità umana asserisce senza ambiguità di sorta che:
Sempre ed inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.

Infatti:

a) persone che uno ha giudicato in passato razionali ed intelligenti si rivelano poi all’improvviso inequivocabilmente e irrimediabilmente stupide;
b) giorno dopo giorno, con un’incessante monotonia, si è intralciati e ostacolati nella propria attività da individui pervicacemente stupidi, che
compaiono improvvisamente ed inaspettatamente nei luoghi e nei momenti meno opportuni.
La Prima Legge Fondamentale impedisce di attribuire un valore numerico alla frazione di persone stupide rispetto al totale della popolazione: qualsiasi stima numerica risulterebbe una sottostima.

La Seconda Legge Fondamentale dice che:
La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della stessa persona.
(La percentuale degli stupidi è identica sia tra i bidelli, gli impiegati, gli studenti e i docenti anche se premi Nobel)

La Terza Legge Fondamentale chiarisce esplicitamente che:
Una persona stupida è una persona che causa un danno ad un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé od addirittura subendo una perdita.

La Quarta Legge fondamentale afferma che:
Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide. In particolare i non stupidi dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, ed in qualunque circostanza, trattare e/o associarsi con individui stupidi si dimostra infallibilmente un costosissimo errore.

La Quinta Legge fondamentale (e il suo corollario)recita che:
• La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Il corollario della legge è che:
• Lo stupido è più pericoloso del bandito.

Non vado più oltre. Bisogna leggere il libro.

X