Qualsiasi movimento che metta in questione gli assetti consolidati è di solito interpretato come un processo di democrazia , di allargamento della democrazia rispetto alla condizione precedente. Non ne sono così convinto. Ciò a cui stiamo assistendo, non da ora, come ben aveva intuito più di venti anni fa Pierre Rosanvallon, studioso della cultura politica della Francia dell’Ottocento, è un processo di disillusione verso la democrazia risultato della sovrapposizione di quattro diversi processi.
Provo a elencare molto sinteticamente:
1. corruzione: riguarda sia il piegamento a fini personali di beni pubblici; sia la progressiva estensione del non rispetto, o della diffusione di mancanza di rispetto per le istituzioni;
2. progressiva perdita di individuazione della responsabilità. La società complessa innalza la difficoltà a stabilire chi è responsabile di che cosa in che forme, con quali obblighi. L’effetto è la percezione che sentirsi responsabili sia un prezzo che pagano solo i fessi”, come avrebbe detto Prezzolini.
3. Progressiva difficoltà di sovrapporre i tempi dell’emergenza con quelli della politica, meglio con la possibilità di dare corpo alla decisione politica.
4. Tradimento della rappresentanza. Il rappresentato si sente sempre meno tutelato da un rappresentante che pure ha scelto e di cui non riesce più a comprendere i comportamenti, i tempi, le logiche gli obblighi.
Non necessariamente il quarto punto significa che la società civile sia più avanti della società politica. Significa che nello scenario elettorale verso cui andremo, l’offerta politica anziché insistere sul piano della governabilità del processo aumenterà il tasso di passionalità delle rivendicazioni in nome delle aspettative “tradite”. L’effetto sarà, probabilmente, un ceto di eletti che parlerà solo in termini di fedeltà del mandato, una camera politica corporativa del tutto inadeguata a affrontare i problemi cruciali che avremo davanti, perché una parte del Paese si sente offesa come se qualcuno avesse fatto un dispetto o ci avesse tirato un tiro mancino e volesse la nostra distruzione.
Il brutto delle fiabe è che a forza di raccontarle c’è sempre qualcuno che pensa che quella sia la realtà per davvero e non sopporta che arrivi qualcun altro a dire che è tutto finto o con un ago rompa la bolla.
O meglio quella scena è successa una sola volta in una fiaba, è Il vestito del re, ma forse non è una fiaba, ma un antifiaba.