La vicenda paradossale che si sta consumando da qualche mese a questa parte in una via molto frequentata del quartiere San Giovanni, a Roma, merita di essere approfondita perché molto indicativa dei mali che affliggono Roma Capitale (denominazione ufficiale e inutilmente pomposa del Comune di Roma).
La via in questione è via Albalonga, ben conosciuta dai romani per alcuni palazzi di pregio risalenti al periodo fascista e per la presenza (diventata onnipresenza) di un bar che produce, ormai su scala industriale, un tiramisù di grande successo.
Da un paio d’anni a questa parte la via ha un ulteriore tratto distintivo: giace infatti semidistrutta a seguito dell’apertura di un cantiere per la costruzione di un parcheggio pubblico sotterraneo che, dopo il fallimento dell’impresa appaltatrice, è stato del tutto abbandonato (come tanti altri cantieri a Roma, purtroppo). Fortemente osteggiato fin dall’inizio dai residenti, il progetto di parcheggio è stato cancellato da Roma Capitale e non sarà quindi mai portato a compimento.
Restano però il suddetto cantiere – ormai in stato di completo abbandono da un anno e mezzo e trasformatosi nel frattempo in discarica a cielo aperto – e (udite udite!) un gigantesco parcheggio abusivo che si forma a tutte l’ore (ma soprattutto dal tardo pomeriggio in poi) per la consumazione indisturbata e di massa del celebre tiramisù.
Questo gigantesco e goloso fenomeno di sosta selvaggia, nel bel mezzo del degrado urbano più spinto, è seguito scrupolosamente da alcuni soggetti che, muniti di casacca e berretto riportanti il logo del celebre pasticcere (chi saranno mai?), aiutano gli avventori a occupare in modo tutto sommato ordinato, ma totale, l’intera via, trasformandola in una sorta di pertinenza del locale.
Suvvia, direte voi: questa è Roma, da sempre! Cosa volete che succeda se qualche automobilista si ferma in mezzo alla strada per comprarsi una deliziosa vaschetta di dolce, magari arrivando da fuori Roma?
Avreste pienamente ragione, se…
– se le macchine degli avventori del bar non utilizzassero il cantiere abbandonato come parcheggio;
– se tali auto pagassero la sosta, come previsto in quella zona (strisce blu fino alle ore ventitre), contribuendo alle finanze del Comune;
– se i poveri concorrenti del pasticcere e gli altri negozianti della strada, negli ultimi due anni, non fossero stati costretti alla chiusura o alla miseria dalla situazione sopra descritta;
– se non si fossero verificati tentativi di furto e di aggressione e risse negli spazi angusti lasciati a disposizione dei residenti e dei passanti;
– se i cittadini fossero costantemente informati dal Comune di Roma sul ripristino dello stato dei luoghi e sulle modalità di ripristino della legalità;
– se la via non fosse da oltre una settimana al buio per via di un blackout causato dalla rottura di cavi nel cantiere abbandonato;
– se non ci fosse un indecoroso rimpallo di responsabilità tra gli uffici competenti di Roma Capitale e l’impresa fornitrice di energia elettrica per il ripristino della pubblica illuminazione;
– se il Sindaco di Roma decidesse di attivarsi considerato il suo potere-dovere, sancito dalla legge, nei casi in cui siano in pericolo l’ordine pubblico, la salute e la sicurezza dei cittadini oltre che il decoro urbano;
– se i tanti pubblici ufficiali che passano quotidianamente nel quartiere sentissero il bisogno di denunciare, come dovrebbero, ciò che vedono sotto i loro occhi, anziché attenersi a compiti ben meno importanti (per esempio: controllare la revisione biennale delle automibili in transito);
– se mezzi di pubblica utilità quali autobus, ambulanze e veicoli della nettezza urbana non fossero sistematicamente bloccati dai parcheggiatori abusivi e dai resti del cantiere abbandonato in ordine sparso.
Dopo mesi e mesi di denunce e segnalazioni, i residenti sono giustamente esasperati e attendono l’intervento di Roma Capitale e dell’autorità giudiziaria. Per sollecitarne l’intervento, approfittando del buio, questa sera hanno organizzato una fiaccolata che sperano possa essere notata nello scenario surreale della via e nell’indifferenza dei media tradizionali.