Forse Monti avrà ancora un ruolo centrale nella politica italiana, magari dal Colle più alto.
L’impressione però è che l’Italia non diventerà montiana. La sua “Agenda” non appare destinata a diventare faro di valori e motore di grandi riforme parlamentari.
Se questa modesta impressione fosse giusta, potremmo provare a ragionare sul suo perché. E vedremmo che dietro alle idee dell’Agenda Monti si nota l’assenza di un paesaggio culturale “di massa”, di una elaborazione e di una presa di coscienza davvero collettiva. Della dimensione politica, quindi.
La tecnocrazia non è inquietante se non in virtù di questo: stagliandosi forte del suo ruolo, ci fa avere un lucido e disperato sguardo sulla povertà della Politica attuale, che non riesce in modo efficace a comprendere il malessere sociale.
E non è soltanto questione di Casta. Quando le classi dirigenti, o una magna parte di esse, sono “povere” di spirito (ma non di sesterzi), occorre farsi domande sul perché siano lì e sul chi le abbia prodotte.
Ma rimaniamo sul tema dell’Agenda Monti, che per giunta Monti è anche una dignitosissima figura se non fosse, appunto, poco vicina alla Politica come elaborazione-collettiva.
In Italia siamo pronti per parlare davvero di Europa come opportunità e non solo come vincolo? A che punto è il nostro progressismo? Per usare i due verbi del famoso tweet natalizio di Monti, siamo pronti a “spenderci”, oltre che a lamentarci?
Abbiamo, noi come popolo, l’intenzione e la capacità di provare a chiedere una nuova politica alle istituzioni che ci governano? Esiste, oggi, un tessuto sociale disposto a parlare sul serio di riforme? Esiste una elaborazione culturale capace di una voce forte per portare avanti le istanze e suggerire l’Agenda, questa sì, ai governi nazionali e sovranazionali?
Eccoci di nuovo a parlare di Politica, dunque. Politica come comprensione dell’esistente, elaborazione collettiva di idee, progetti, soluzioni. L’Agenda Monti è una personificazione di una serie di idee, più o meno condivisibili. Ma forse ciò che oggi serve all’Italia e all’Europa non è (o non è soltanto) un nuovo leader, destinato a scrivere sull’acqua senza una vera legittimazione ideale e popolare. Non personificazioni di idee, dunque, ma idee da parte delle persone.
Non idee calate dall’alto, ma un lavoro serio per discutere, capire, studiare, approfondire eticamente i temi della disuguaglianza, dello sviluppo, della globalizzazione, dei diritti e dei doveri in uno Stato che si tenga non solo in piedi, ma che faccia volare verso il progresso i suoi abitanti.
Mi scuserete se questo post può sembrare un politichese trattato del bello del possibile e del necessario. Il concetto è semplice: Monti non è Politica, Monti non può far nulla senza la Politica. Anche coloro che desiderano un’Italia montiana, quindi, dovrebbero farsene una ragione. Non ci sarà. A meno che le idee dell’Agenda Monti non vengano spersonalizzate, sottoposte a un vaglio critico collettivo, a una elaborazione politica che a quel punto diventerebbe altra cosa dall’Agenda Monti. L’Agenda Monti e la politica, dunque, sono due cose diverse e in un certo senso inconciliabili. Dove finisce una, inizia l’altra.
La politica è importante se parte dal basso, da noi che ne siamo soggetti principali in quanto oggetti di applicazione. La politica si applica su di noi, ma siamo noi a doverle fornire gli orizzonti ideali.
Come ai tempi delle grandi riforme sociali del Novecento. Quelle nelle quali tutti, dall’operaio al contadino all’insegnante allo studente, avevano un orizzonte e la fiducia nelle proprie classi dirigenti, percepite come sensibili e degne di rappresentare le istanze di progresso.
E così nacquero le riforme. Oggi ne abbiamo bisogno come il pane. Dobbiamo vivere meglio, in una società meno depressa e più sicura. E’ la sfida che attende questi popoli europei invecchiati e pessimisti.
Se non comprendiamo l’entità di questa sfida, se non troviamo dei canali politici di discussione e creazione di consapevolezza, se le classi dirigenti non si fanno motore di queste istanze, le Agende Monti diventano solo personificazioni di idee. Ma oggi, forse, servono persone con delle idee. Tante persone.