Pirates! Not the Navy!Le elezioni del 2013 saranno il momento più difficile: chi vuole riformare, dovrà mettersi in gioco

Le elezioni del 2013 si profilano come molto noiose e prive di novità: l'eterno ritorno di Berlusconi da un lato, quello dell'Unione dall'altro, l'incapacità di crescita e di posizionamento del cen...

Le elezioni del 2013 si profilano come molto noiose e prive di novità: l’eterno ritorno di Berlusconi da un lato, quello dell’Unione dall’altro, l’incapacità di crescita e di posizionamento del centro. L’unica novità sulla scena politica, Matteo Renzi, gli elettori del Pd l’hanno bruciata al ballottaggio. Punto e a capo insomma, si torna all’usato sicuro. E non solo a sinistra, ma anche a destra dove il nuovo non ha mai iniziato ad esistere nè tantomeno a camminare da solo.

Tuttavia, in queste elezioni vedrà la luce del Parlamento la seconda forza politica del Paese: il Movimento 5 Stelle. Non bastavano le burocrazie, le clientele, l’immobilismo dei partiti. No, ora c’è anche il Movimento con quel pacchetto di idee antieuropeiste, antieconomiche, antipolitiche che c’è da farsi venire i brividi. Brividi per quel senso di protesta che soffia sull’Italia condito da populismo e demagogia. Un vento capace di alimentare la già potente fiamma dello scontento, di rinfocolare il leaderismo fine a se stesso, di canalizzare la protesta verso idee che ci porterebbero ancora più indietro di quanto non siamo. Ragioniamo cari coetanei, come può rappresentare la novità un partito dove comanda uno solo(o forse due) ed i cui attivisti non sono nemmeno liberi di partecipare alle trasmissioni televisive? Questa sarebbe la potente forma di libertà, democrazia e pluralismo incarnata dai grillini? E questi che non sono in grado di ribellarsi ad un comico che gli dà ordini dovrebbero essere i coraggiosi capaci di rimettere in piedi il Paese? Non è forse evidente che le dinamiche del M5s siano ancora più accentuate di certe dinamiche proprie del berlusconismo? Chi scrive pensa di aver imparato la lezione della storia e quindi: no, grazie.

Poi c’è un’altra Italia: quella che vuole maggiori opportunità, che è sfiancata dal dualismo del mercato del lavoro, che desidera una maggiore liberalizzazione delle professioni, una pressione fiscale più bassa, uno Stato meno invasivo, una drastica semplificazione delle norme amministrative, partiti politici contendibili nei quali mettersi alla prova, la possibilità di avere una famiglia prima dei 40 ed un sistema bancario che provi a credere nelle loro idee e nei loro progetti anche senza i soldi di papà. Un’Italia che ha una gran voglia di correre, ma si sente costretta, legata, soffocata. E soprattutto oggi si sente smarrita. Proprio così: per una certa fetta della popolazione italiana la bussola segna solamente la parola estero. Ed è anche quell’Italia pronta a sopportare qualche sacrificio pur di farcela. Un gruppo umano che non ha la pallida idea per chi votare alle prossime elezioni e quindi emigra anche dalla partecipazione.

Chi scrive è uno dei tanti di voi che però vorrebbe provare ad impegnarsi perchè crede, come qualcuno ha scritto giustamente su questo giornale, che i Matteo Renzi non dovrebbero essere uno straordinario caso isolato, ma una vigorosa normalità. E sul fatto che scegliere qualcuno da votare alle prossime elezioni sia un dramma sono d’accordo con voi. E’ il momento più duro, siamo in pieno declino, alla fine di un’epoca che sta prolungando troppo la sua agonia. E dei ritardi italiani i primi a soffrirne saremo noi, noi che crediamo nella libertà economica, individuale e civile saremo i primi ad essere fregati. A chi fino ad oggi si è tenuto lontanto da qualsiasi forma di impegno civico o politico vorrei poter rivolgere una sincera domanda: voi non vi siete occupati di politica, ma la politica si è occupata di voi: volete continuare così?

Questo non è un appello a partecipare alla costruzione di questo o quel partito, ma è un invito civico a mettersi in gioco come cittadini per la promozione di principi di libertà, competizione ed inclusione da iniettare nella società italiana. Facciamolo con le reti, con le associazioni, con i think tank e con i blog. Come volete, ma partecipiamo ora. Se questa generazione di riformatori perde anche questo giro allora continueranno ad esserci loro: i figli del populismo becero, della partitocrazia, della burocrazia, del consenso a breve termine. E le uniche novità che vedrete in Parlamento saranno solo dei giovani portaborse dalla faccia già consumata.

Abbiamo la fortuna di vivere la crisi, di assaporare oggi il gusto amaro di questo tempo sbandato, di poter porre la prima pietra per rompere un sistema, per spazzare via metodi fallimentari, per pensionare chi ha già sbagliato tanto da troppo tempo. Questa crisi dovrebbe essere l’opportunità per generare una forza di riscatto di chi crede ancora in un’Italia libera. La partita durerà certamente alcuni anni e non sarà facile, ma deve cominciare da queste elezioni che fotograferanno le rovine di un sistema politico stremato e decadente. Dobbiamo accompagnare la demolizione, per poi seminare e coltivare il cambiamento imparando dagli errori del passato.

E’ oggi il momento di varare un nuovo vascello di impegno civile, di partecipazione, di dialogo e costruzione di idee capaci di abbattere i muri e le barriere che braccano la società italiana. E senza gli esclusi, quelli meno tutelati, quelli stanchi di un sistema bloccato, quelli nauseati dallo stato del presente questo scatto, questa demolizione non ci sarà. Senza il nostro impegno, chi ha amministrato la decadenza continuerà a scegliere per noi, chi ha chinato il capo di fronte agli interessi particolari sarà ancora in prima fila, così come chi ha comprato il consenso barattandolo con l’irresponsabilità. E il Paese continuerà a cadere sempre più velocemente.

E non servirà più la separazione tra chi è stato in un partito o in un altro, tra chi ha seguito un vecchio leader o l’altro, tra chi ha votato e chi non. La separazione da fare è quella tra chi vuole cambiare e chi no, tra chi interpreta la politica come servizio civile e chi ne ha fatto un lavoro obbedendo ad un capo. E’ tempo di un nuovo protagonismo per chi non si riconosce nell’alleanza tra il PD di Bersani e SEL di Vendola, è il momento di mettersi in gioco per un progetto ampio e di lungo termine che permetta di costruire un fronte liberale, riformatore ed europeista che troppo è mancato a questo Paese. E’ necessario partire proprio dalle elezioni del 2013, da un dialogo serio e profondo di tutte le migliori energie impegnate per il Paese cosicchè siano in grado di aggregarne molte altre. Basta riprendere le parole del grande Alexis de Tocqueville per capire quale è la strada da intraprendere: “Mi sono sforzato di vedere, non già diversamente, ma più lontano dei vari partiti; e, mentre essi si occupano del domani, io ho voluto pensare all’avvenire.” Cominciare ora significa arare il terreno al cambiamento degli anni che verranno ed essere in prima fila per costruire un’Italia aperta, libera, dinamica e competitiva.

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