Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta … (Canzone delle osterie di fuori porta – F. Guccini 1974)
E’ stata lunghissima la SS 53 questa sera.
Lunghissima, infinita, trafficata di lacrime e di singhiozzi. Non arrivavo più a Treviso.
Chilometri di asfalto stordito, odore di merda, più nessuna unghia da mangiare.
Fumate bestemmie una dietro l’altra.
Mai il vano tentativo di alzare gli occhi al cielo.
Una route 66 nel deserto del nord est. Con ai lati capannoni invecchiati e scritte affittasi e vendesi.
Questa volta non è un altro.
Questa volta è Lele.
Questa volta è Lele che ha avuto più paura di Befera che della morte.
Questa volta è Lele che si è fatto schiacciare dalle banche.
Questa volta è Lele che si è messo la corona al collo e l’ha stretta .
Questa volta è Lele che si è arreso.
Questa volta la tessera del mosaico ha il nome di Lele.
Questa volta la carta truccata del mazzo dei tramonti nella Gloriosa ha il tuo nome Lele.
Sta diventando un domino.
Un assurdo domino. Una calamita.
Vi state chiamando uno dopo l’altro per andare avanti.
Questo non è solo un suicidio.
Questo non è solo un imprendicidio.
Questo è un OMICIDIO PREMEDITATO perché dietro a queste morte ci sono dei colpevoli e penso sia umanamente arrivato il momento che i colpevoli vengano presi, arrestati e impiccati in piazza.
IMPICCATI IN PIAZZA e lasciati marcire sotto la pioggia, la neve e il sole finché il tempo atmosferico non trasformi in cenere l’ultimo brandello delle loro ossa.
Impiccati come Giuda per aver tradito tanti poveri Cristi che c’hanno provato. Che volevano farcela.
Quando sono arrivata c’erano solo dei fiori morti al Caffè la Corte e in piazza San Vito si respirava morte e rabbia.
Rabbia e morte che ti entrano sottopelle, che te le senti scorrere nelle vene, che ti vien voglia di spaccare tutto.
E quel filo bianco e rosso messo dalla Polizia.
La Polizia che transenna il luogo del delitto. La Polizia che delimita lo spazio di morte.
Che cazzo di rilievi avete fatto ? L’assassino non ha lasciato tracce. L’assassino non è a Treviso. L’assassino è nei palazzi romani . Andatelo a cercare li.
Lele porca troia. Satu dirme come che podemo accetare anche questa ?
Lele dio caro. Votu dirme che se te parlavi nissun te gavaria dato na man ?
Lele casso gatu risolto cossita ?
Dimeo porca putana perché mi no riesso mia capirlo. Non riesco a darmi una spiegazione. Non riesco ad accettare.
Non riesco a crederci.
Proprio tu che quando io, la Tangia (come la chiamavi tu), Mauro, Francesco, Alessandro e Luca venivamo via dopo quantitativi disumani di spritz ci dicevi “fioi ste tenti no farve mal che semo qua na volta soea”.
Fanculo Lele, ti sei arreso cazzo. Tu che eri la vita fatta persona. Tu che mescolavi vita ed ironia come mischiare aperol e prosecco.
Lele no ti prego, fammi capire.
Ho solo bisogno di questo.
Niente di più.
Voglio capire perché non ne hai parlato con nessuno. Voglio capire perché non ne hai parlato con Mario. Voglio capire se c’era qualcuno che poteva aiutarti.
Io non voglio continuare così. Questa non è libertà. Questo non è mettersi in gioco. Questo non è più RISCHIO D’IMPRESA, questo è RISCHIO DI VITA.
Io non l’ho visto quel biglietto che hai scritto, come dicono i giornali, ma se veramente hai scritto «Dopo 8 anni sono finalmente libero, viva l’Italia» no caro Lele, viva l’Italia un cazzo.
Questa non è l’Italia viva. Questa è l’Italia morta e morente, sepolta per sua stessa mano.
Questa è l’Italia che muore.
Quella morte vuota della SS 53 al ritorno.
Perchè son venuta li ? Perchè non ci credevo a quella pagina della tribuna.
E invece è tutto vero. Vero come la morte.
E anch’io stasera sono morta un po’ di più, di quanto lo sono le altre notti. E non posso neanche bere per dimenticare. Per provare a dimenticare.
E non so cosa fare. Sto solo bestemmiando. Tanto.
Lele … saluta Michele li su e ringrazialo da parte mia per tutti i casini che mi ha lasciato precedendoti nella strada.. anzi sapete cosa vi dico di cuore ? Fanculo stronzi.
Tutti e due.
Io adesso ho solo bisogno di dormire. E vorrei fosse per sempre. Vorrei non svegliarmi più. E venire a bere li con voi. Perché qui non ce la faccio più.
http://tribunatreviso.gelocal.it/cronaca/2012/12/04/news/tragedia-in-centro-si-impicca-nel-suo-bar-1.6140549