Non hai un lavoro? Niente di più normale, soprattutto se sei un “creativo”. Ergo: perché continuare a piangerti addosso? Per tornare a sorridere basta entrare a far parte della neonata tribù parigina dei “bomeur”, contrazione di “bobo” (ovvero borghese-bohème, ricco ma trasandato ad arte) e “chomeur” (disoccupato).
Ecco come l’inventore del neologismo, un certo Nathanaël Rouas, 28 anni, ex direttore creativo di un’agenzia di comunicazione, definisce la sua creatura (e quindi anche sé stesso) sul suo Tumblr che da qualche mese non smette di inebriare la Rete: «Ex direttore-artistico-in-una-casa-discografica/creativo-in-un-agenzia-di-comunicazione/direttore-di-produzione-alla-televisione, è attualmente disoccupato, ma non esattamente, in quanto sta cercando di mettersi in proprio. E per realizzare il suo progetto – che è figo, ma del quale non puo’ ancora parlare (“te ne parlerò quando sarà un po’ più sviluppato”) – ha bisogno di tempo, ma soprattutto del caffé e dell’aperitivo».
Conducendo uno stile di vita attivo e spensierato, insomma, il bomeur dà l’impressione di gestire alla grande il suo handicap lavorativo, anche se in realtà – tra di loro lo sanno bene – la verità è tutt’altra: «bomeur = dipendenza da facebook+dipendenza da Ricard+dipendenza da aggiornamento casella mail+dipendenza da sms “che fai oggi?”». Il blog di Nathanaël è un vero e proprio diario di bordo del “bomeur” tipo: si comincia dal mattino – che non inizia MAI prima delle 11 – che di solito si passa al tavolino del “Floréal”, del “Progrés” o “Chez Prune” (per citare alcuni dei bar tipicamente bomeur) sorseggiando un caffé e «picchiettando sulla tastiera del proprio MacBook»; i pomeriggi, invece, spesso e volentieri trascorrono spensierati davanti alle repliche di “Desperates Housewives”; mentre di sera l’appuntamento con l’aperitivo e gli amici è immancabile».
Domanda: quella del bomeur è solo una simpatica invenzione volta a «decomplessare i disoccupati» – un po’ come la pubblicità della Benetton, – e a fare della mancanza di lavoro un’arte di vivere, oppure si tratta di una trovata che potrebbe infastidire chi cerca disperatamente un lavoro perché senza uno stipendio il caffé al bar (per non dire il Mac) non se lo puo’ permettere? Se secondo la rivista Glamour «rallegrarsi del fatto che lo snobismo dei radical chic si associ alla parola disoccupato è alquanto irritante e lontano dalla realtà», il sociologo del lavoro Serge Guérin racconta al sito Terrafemina.com che «la disoccupazione è diventata oggi parte del nostro percorso professionale. La incontreremo tutti almeno una volta nela vita, per cui è bene riflettere su come si possa riempire il vuoto creato dall’assenza del lavoro» e che blog come questo aiutano a farlo.
Comunque la pensiate, ecco pronto un nuovo slogan perfetto per il Ministro Fornero: «Perché desiderare un posto di lavoro quando si puo’ essere più fighi senza?».