InputRacconto breve della domenica – commerciare cocomeri a Guardistallo

  Di nuovo domenica e di nuovo un racconto breve. Il secondo di una nuova collaborazione con Federica Fruhwirth, illustratrice romana con talento da vendere (vedete sopra!).   Buona lettura. di Al...

Di nuovo domenica e di nuovo un racconto breve. Il secondo di una nuova collaborazione con Federica Fruhwirth, illustratrice romana con talento da vendere (vedete sopra!).

Buona lettura.

di Alberto Mucci

“Ti dico sempre di non parcheggiare così”, sbotta Nino spazientito. Due occhi neri e indignati cercano la moglie con fare accusatorio. Rosi è dietro il portone di casa, nascosta. Non si muoverà finché Nino non avrà finalmente sbollito almeno un po’ di quella rabbia. Quel freddo d’inizio estate ha messo a tacere anche il ronzio delle cicale. Fuori è ancora buio.Il cielo si aprirà soltanto quando Rosi e Nino da Cecina prenderanno la strada per Montescudaio per fare la prima consegna della giornata al mercatino di Gianni. Da li andranno a Guardistallo dal Michelino, a Ponteginori dai Rabelli e finalmente a Molle di Rufione all’Esselunga locale. Poi di nuovo a casa, in piazzetta per la solita passeggiatina, cena e letto. La giornata sarebbe stata lunga.

Erano ventiquattro anni che i Moltedo facevano quel lavoro e tutti i giorni. Il paese li conosce come “il duo del cocomero”. “Oh belli i cocomerini”, salutavano sghignazzando i ragazzi quando li vedevano passeggiare la sera prima di cena. Gli amici invece suggerivano sempre che avrebbero dovuto ridipingere l’Ape “di verde con tanto di striature bianche così DA somigliare a un cocomero in tutto e per tutto”. Nino e Rosi non se la prendevano mai. Sorridevano con gioia agli scherzi del paese, all’immagine che si erano saputi creare e allo status sociale che si erano conquistati. Mai infatti avrebbero rinunciato a quei soprannomi e a quelle battute. Mai e poi mai. Erano parte della loro vita tanto quanto doversi svegliare alle quattro.

“Pensa se commerciassimo pomodori” – chiedeva spesso divertito Nino a Rosi – i ragazzetti ci chiamerebbero pomodorini, non sarebbe male, no? Quasi quasi faccio a cambio …. i cocomeri, ci fanno litigare”. E ridevano. Poi tradizione voleva, Rosi aggiungeva: “Anche l’Ape. Avremmo dovuto dipingerla rossa fiammante con un capello verde sopra. Altro che le Ferrari di Forte dei Marmi! Noi a Guardistallo avremmo fatto di molto meglio e senza far tutto quel casino “.

“Lo vedi?”, riprende Nino con tono falsamente riconciliatorio. Ma Rosi non si lascia ingannare e rimane nascosta dietro in casa. “Lo ve-di?”. Impettito scandisce le parole, riaggiusta il ciuffo di capelli bianchi scomposto e con enfasi si schiarisce la gola. “Questa strada è in sa-li-ta e se il muso dell’Ape punta verso la chiesa i co-co-me-ri nel portapacchi cadono sul fondo e si schiacciano uno sull’altro. Va tutto alla rinfusa e poi si ro-vi-na-no. Quante volte te lo devo dire”. E’ più di trent’anni che Rosi è sposata con Nino e sa meglio di chiunque altro come ogni risposta catalizzerebbe lunghe e insopportabili spiegazioni su come “i cocomeri hanno soltanto in apparenza un guscio duro, ma in realtà ogni colpo subito ne rovina la qualità. Anche il più piccolo, senza eccezione alcuna. Sicuro come la matematica”. Quei morsi farinosi e quella sottile patina viscida che a volte si trova in cima alle fette sono il risultato dei tanti, tantissimi piccoli e grossi colpi che il cocomero subisce nel tragitto dal campo al cliente. Per Nino non c’é altra spiegazione e sono ormai anni che Rosi ha rinunciato a dire la sua sui cocomeri. E non crede assolutamente alla teoria del marito, ma non le importa più nulla di convincerlo. Tanto la verità lei la conosce bene e “se lui non ne vuole sapere peggio per lui”. Lei invece la conosce. “La qualità di un cocomero dipende da tanti altri fattori e l’unica soluzione per aggirare madre natura è avere un grossista di fiducia. Di quelli bravi, di quelli che li conosci da una vita e sai che non t’ingannano”. Il resto sono”pure e semplici baggianate”, come Rosi le chiama ogni volta che non ne può più delle lezioncine del marito.

“Eh no, così si rovinano …. poi dopo i colpi che hai dato ai poveri cocomeri parcheggiando male come al solito non li vorrà più nessuno …. se prendo troppe buche perdiamo i cliente. E chi ci paga la pensione?”, Nino non si è ancora calmato. Apre la porta dell’Ape, si infila dentro e la sbatte.
Ogni mattina così. Un battibecco sul modo in cui l’Ape viene parcheggiata e sui cocomeri diventato sempre più intricato con gli anni. Ma quello scontro non ha nulla di morboso. Tutt’altro. I Moltedi si vogliono bene, un bene dell’anima. La ripicca è il frutto malandato dell’ abitudine e delle piccole cose su cui le persone si appigliano per mantenere un’identità quando una relazione diventa così intima che prende tutto senza lasciare segreti.

Oggi però nascosta dietro al portone di casa invece di spazientirsi Rosi sorride. Da domani tutto sarà un po’ diverso, lo sa; ne è certa: ha un segreto e un piano che domani, finalmente, sarà realtà. La sera a letto Rosi è così emozionata da non riuscire a concentrarsi su un pensiero singolo: chiude gli occhi, li riapre, si gira, si ri-gira con la paura di non svegliarsi per tempo. Aspetta nel buio della stanza. Conta le poche macchina di passaggio chiedendosi cosa vengano a fare a Guardistallo e immagina la faccia di Nino domani. Finalmente le tre. Silenziosa Rosi esce dal letto, scende per le scale di legno e si avvia decisa a prendere gli scatoloni che aveva tenuto nascosti nel ripostiglio sotto la cassa dell’olio. Lenta attraversa la cucina e l’anticamera fino al portone di casa. Con un calcio leggero leva il tappetino d’ingresso per evitare che la porta ci sbatta e faccia rumore. Gira il maniglione e apre la porta. Fuori l’Ape è parcheggiata con il muso verso la chiesa. I cipressi sono silhouette severe sulla collina opposta e le lampade della strada abbagliano con quel familiare giallo laconico del led.

Rosi ha un’ora esatta perché alle quattro suona la sveglia. Poi Nino scende.

Con indosso una vestaglia bianca, due grosse scatole tra le braccia che la sua fragile corporatura riesce a malapena a trasportare e con un viso stanco e gonfio Rosi si sente orgogliosa come non le capitava da tanto, troppo tempo. Quella mattina avrebbe fatto a Nino la più grande sorpresa degli ultimi dieci anni. Mentre apriva i pacchi dove aveva nascosto per settimane il cotone di roccia, la cartapesta, le forbici e l’attrezzatura necessari per costruire l’ammortizzatore, mentalmente ripeteva i passaggi del processo. “Per ogni centimetro di lana usarne due di cartapesta …. stare attenti alle misure … assicurarsi che la lana sia ben asciutta prima di procedere a spalmare la colla …. soltanto alla fine e quando si è certi che non ci siano sbavature appiccicare la lana … assicurarsi che la parete su cui l’appiccicate sia asciutta … ” e via così. Nervosa ma decisa. “Certo era meraviglioso – pensò a se stessa – senza Internet avrebbe dovuto confidarsi con qualche amica e nel giro di un giorno tutto il paese sarebbe venuto a sapere che voleva modificare l’Ape così da risolvere il problema di quei dannati cocomeri che sbattevano sul fondo ogni volta che prendevano una buca o che lei parcheggiava con il muso rivolto in alto verso la chiesa. Con Internet no, il segreto era suo e soltanto suo”.

Lana. Cartapesta. Forbici. Colla. Nastro adesivo. Aveva tutto. Uno dopo l’altro, prima con le mani tremanti e poi con trovata sicurezza, Rosi esegue i diversi passaggi. Pare l’abbia già fatto decine di altre volte. E’ così brava che in quaranta minuti riesce a creare uno strato spugnoso di esattamente 109 centimetri, l’esatta ampiezza dell’Ape. Perfetto: la superficie è asciutta, lo spessore giusto e visto che la mattina non è umida non deve neanche sprecare del tempo per asciugare la porta dell’Ape. E’ fiera di sé. Da lì a poco Nino sarebbe rimasto meravigliato. Già lo immagina: stupito e con la faccia ebete. Gli occhi avrebbero cercato un appiglio in tutte le direzioni poi l’avrebbe abbracciata forte, le avrebbe messo le mani intorno alla vita e si sarebbe aperto in un caloroso sorriso. In un attimo la stupidità di dieci anni di battibecchi sarebbe diventata ovvia e sarebbe rimasta poco più di un ricordo. In un attimo di imbarazzante silenzio migliaia di piccoli momenti, pensieri e sbuffi si sarebbero susseguiti in un vortice. Perché nel momento nessuno pensa che arrabbiarsi sia ridondante. Hai ragione tu e nessun altro. Il cambiamento, la sorpresa, la possibilità di guardare tutto con un’unica occhiata lucida e diversa arriva soltanto con la rottura. Così pensava mentre in quella fredda mattina di Guardistallo con indosso una vestaglia bianca aspettava che Nino si svegliasse.

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