“Si deve essere verso lei (la patria) riverenti e umili, più che non verso il padre, e carezzarla, fosse anche aspra con noi; e che, quel ch’ella comanda, si dee fare volenterosamente; e se alcuna cosa vuole che noi patiamo, patir si dee, senza fiatare; e se ci vuole anche battere, o gittarci in carcere, o menarci in guerra a esser feriti o morti, s’ha a inchinare il capo; è giusto; e non s’ha a balenare, non ritrarsi, non abbandonar le ordinanze; e in guerra e in tribunale e in ogni dove s’ha a fare tutto ciò che dice la patria, o, al più, se ciò ch’ella domanda non ci par giusto, persuaderla con maniere dolci”.
(Socrate a Critone, nel dialogo platonico “Il Critone, ovvero Di quel che si deve fare”, traduzione di Francesco Acri).
Ecco. Ripensi a Socrate e sei pervaso di serena stima per il valore delle Leggi, sempre e comunque, che pur quando ci danno torto rimangono patto fondativo della società e motori del vivere associato.
Poi però a Ballarò, nel bel servizio di martedì sera, ascolti il commercialista che spiega al giornalista come si possano spendere agevolmente mila euro di soldi “in nero” senza lasciare traccia. Senti l’ex finanziere che spiega le mille opportunità date dalle carte di credito anonime per far spendere soldi non tassati. Ascolti il consulente italiano a Londra che ti dice come aprire un conto a Cipro e fregare il fisco.
Prosegui l’ascolto. Ecco però il turno dell’imprenditore che, pur la sua azienda andando bene, ha il problema dei ritardi dei pagamenti dei creditori. Epperò deve anticiparle, le tasse, o ritardare il saldo pagando però un interesse del 9%. Non ancora spossato, vai avanti e ascolti l’altro imprenditore in difficoltà perché l’ente pubblico non gli paga i crediti.
Cambi canale e rifletti sulle pensioni minime della gente che ha lavorato tutta la vita.
Torni a Socrate, anelando calma. Ricercando serena rassegnazione al bene repubblicano. Rimani calmo e speculativo, farsi il sangue brutto rovina la salute.
Ti guardi intorno e noti un certo qual accanimento verso i giusti, verso chi è bendisposto verso le Leggi e ne riceve grugniti se non schiaffi, invece che incoraggiamenti. Al pari, non noti affatto delle identiche tempeste contro chi giusto non è, e continua a ridere appena scalfito da una pioggerellina, se male gli va.
E allora, fra il riso e l’amaro, ti trovi a immaginare un Socrate del 2012 che si cimenta a persuadere le Leggi con modi meno dolci, se non addirittura ad essere meno riverente e umile.
Sarebbe questo il peggior sintomo della crisi italiana, e il pessimo segnale per l’avvenire. Se pure i savi come Socrate s’arrabbiano, immaginiamo i normali.