Pubblico la mia relazione di segreteria (o almeno ciò che mi ero scritto) al XVI Congresso dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta tenutosi domenica 9 dicembre a Torino.
Care compagne, cari compagni,
Care amiche e cari amici,Innanzi tutto grazie a tutti voi di essere qui quest’oggi.
L’ultimo congresso di questa Associazione aveva un titolo all’insegna un po’ del pessimismo un po’ della sfida, il titolo era: vivere o sopravvivere? È passato un anno ed oggi possiamo dire che quel titolo era proprio azzeccato: è stato infatti un anno all’insegna un po’ del count down finale, un po’ delle sforzo collettivo nell’adempiere al punto più importante della mozione del congresso 2011 ovvero il raggiungere la quota minima di 200 iscritti.
Il fondale di questo congresso è invece all’insegna dell’orgoglio e parte da quell’hashtag di Twitter che è stato per un giorno tra i cosiddetti trending topics ovvero tra gli hashtag più utilizzati dagli utenti del social network. Quell’hashtag è nato in occasione della crisi della giunta regionale del Lazio guidata da Renata Polverini, una crisi dovuta all’azione di due consiglieri regionali radicali a cui credo che da Torino, da questa congresso, debba arrivare un applauso: Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo. La loro azione militante all’interno delle istituzioni ha dato a noi nuove certezze e, probabilmente, ha fatto capire anche a qualcun altro quanto sia, non solo preziosa, ma elemento costitutivo della lotta per la democrazia la presenza radicale all’interno delle istituzioni.
Ma che succede dopo le vicende laziali? Nei salotti televisivi vengono invitati tutti #tranneiradicali e coloro che vengono invitati parlano di responsabilità comuni nessuno escluso e l’unica arma di informazione che noi abbiamo potuto utilizzare per dire #tranneiradicali è il social network più veloce e virale.
Ma Twitter certamente non basta, i dati del sondaggio IPSOS commissionato dai compagni nel Lazio dimostrano come, dopo lo scandalo Fiorito, il 70% dei residenti nella Provincia di Roma pensa che tutti i partiti siano uguali, compresi i Radicali mentre il 4% pensa che sia il Movimento 5 Stelle ad aver fatto scoppiare lo scandalo quando lo stesso Movimento, forse temendo proprio la presenza di Emma Bonino, neanche si era presentato alle elezioni regionali laziali e, quindi, non è presente nel Consiglio regionale del Lazio.
La tecnica del regime è tanto semplice quanto subdola: far passare tutti per ladri così non è ladro più nessuno ed a chi dice “sono tutti uguali” dico che più si continua a dire “sono tutti uguali” più loro saranno sempre meno uguali a noi tutti.
È per questo che, volenti o nolenti, l’unica speranza è crederci e continuare a lottare: sto sperimentando in prima persona quanto sia difficile tra orari di lavoro e vita privata ritagliare il tempo per poterlo fare, credo di poter affermare che la militanza politica è ormai qualcosa di riservato a poche categorie di persone fortunate ma se ci si crede c’è una cosa che si può sempre fare: iscriversi e sostenere i fronti di lotta radicale. È, infatti, grazie a 228 persone che ci hanno creduto che questo non è il congresso di chiusura dell’Associazione Aglietta ma un congresso dove potremo rilevare una sostanziale tenuta dei conti e l’orgoglio di poter dire, come un nostro celebre compagno: “eh già, noi siamo ancora qua!”
In questo anno l’Associazione radicale Adelaide Aglietta ha continuato lotte, ha prodotto iniziative, si è sentita impantanata nel fango, si è incazzata, si è fatta forza, si è rialzata, ha avuto delusioni, ha avuto soddisfazioni ed alla fine si è fatta un aperitivo.
Le lotte partono dalla denuncia di un Consiglio regionale abusivo frutto di elezioni truffa, passano per il presidente ed il sottoscritto in sciopero della fame per 10 giorni per vedere applicata la legge sul garante regionale dei detenuti, vedono i detenuti del reparto di alta sicurezza del carcere di Asti unirsi alla lotta e darle nuova linfa con le loro iscrizioni all’Associazione e con la loro sottoscrizione della diffida nei confronti del governatore abusivo Roberto Cota e del presidente del Consiglio regionale abusivo Valerio Cattaneo, passano per un consigliere comunale dal brutto carattere che, tra le altre cose, ha incardinato la meritoria iniziativa sullo ius soli e ha portato in Sala Rossa la proposta dell’Associazione di 6 referendum comunali per Torino; passano da nuove collaborazioni con altre realtà associazionistiche ed arrivano alla petizione per chiedere l’incriminazione di Bashar al Assad al Tribunale Penale Internazionale.
Certo non ho detto tutto: c’è poi l’instancabile richiesta di anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati nelle istituzioni regionali, ci sono state elezioni comunali che, almeno personalmente, forse oggi avrei affrontato in altro modo ma che, comunque, sono state occasione di diffusione delle nostre istanze; ci sono le manifestazioni per l’amnistia, ci sono quelle vestiti da fantasmi e quelle dove si porta un cancello sotto Palazzo Lascaris…
Lasciatemi ringraziare pubblicamente, però, un militante senza il quale la maggior parte di queste iniziative non sarebbero possibili, il motore diesel di questa macchina che consuma poco e fa tanti chilometri: Giulio Manfredi.
Vivere di autofinanziamento in non-democrazia è improbabile ma non impossibile e noi ne siamo la dimostrazione vivente anche se, ogni anno, mi stupisco dell’autentico miracolo laico che siamo.
A volte mi chiedo, sul serio, se non siamo noi ad essere troppo esagerati, troppo radicali, quando denunciamo un regime, quando diciamo di non vivere in una democrazia ed in uno stato di diritto: in fondo, crisi economica a parte, la vita quotidiana non sembra porre questo problema al cittadino che certo si arrabbia ma non percepisce l’infiltrazione del potere partitocratico in ogni aspetto della sua vita almeno fino a che non deve confrontarsi con un suo problema personale, dalla giustizia alla libertà di scelta sulla propria salute. Rimangono però sempre problemi personali ed i Radicali vanno forse bene per risolvere quelli ma non per governare.
La verità è che per rompere il “velo di Maya” che separa il cittadino italiano dalla percezione della realtà servono presupposti che oggi non ci sono e che devono interrogare anche il Partito Radicale: informazione certo, ma anche mezzi culturali e spirito critico che dovrebbe formare una scuola disastrata, poi pace sociale, legalità e benessere. Per questo bisogna evitare il rischio che la lotta per la democrazia diventi un qualcosa solo per tecnici e professori di diritto che hanno la pancia piena ed il cervello preparato per comprenderla.
Necessario è far comprendere che la non-democrazia coinvolge il portafoglio di tutti: è infatti la partitocrazia la causa dello sfascio politico ed economico del paese, lo sono le sue politiche clientelari e corruttive ed è la partitocrazia la causa della crisi di Governo attualmente in corso che, probabilmente, ci farà pagare un dazio pesantissimo in termini di punti di spread sui nostri titoli di Stato.
Questa partitocrazia ha anche usurpato il nome alla democrazia per cui diventano una festa democratica elezioni primarie con regolamenti mutevoli il cui risultato mi chiedo che valore abbia, nel paese in cui non sono regolari neanche le elezioni e che si colloca al 72esimo posto su 174 paesi nella classifica sulla corruzione di Transparency International, dopo Ghana, Romania e Brasile.
In Italia gran parte del voto, anche al Nord, non si conquista ma sia acquista, il tutto facilitato, anche, da una sostanziale mancanza di segretezza: infatti con il sistema di preferenze e con questa organizzazione di sezioni elettorali il voto è quasi tracciabile ed ho avuto concorrenti alla elezioni comunali di Asti che mi sapevano dire se tizio li aveva votati o se caio no.
Eppure a quelle primarie qualcuno di noi ha deciso di partecipare… rivendico personalmente la mia scelta di essere andato a votare Matteo Renzi: innanzi tutto, perché lui ha detto #tranneiradicali e questo fatto in sé è rivoluzionario, poi perché questo paese ha un assoluto bisogno di speranza ed io l’ho percepita soprattutto nei tanti giovani che lo hanno sostenuto e che oggi sono ancora più sfiduciati, perché si sono resi conto che, lo dico con le parole di un 19enne che ha scritto a La Stampa, “i capricci di un sindacato di pensionati, che tutela gli interessi di una generazione che ha goduto di enormi privilegi, sono più forti.” A questi ragazzi vorrei dire che la speranza c’è ancora e si chiama Partito Radicale, che certo avrà tanti difetti ma ha le porte aperte a tutti, anche pregiudicati e tesserati ad altri partiti, per cui iscrivetevi, occupatelo questo partito e fatelo vostro.
A proposito di concetto di democrazia distorto, passerà anche il tempo in cui si organizzano “parlamentarie” online dove i futuri deputati e senatori vengono decisi con un televoto da poco più di 30000 votanti tramite un sistema non trasparente e neanche meritocratico.
Passerà e noi saremo ancora là, perché probabilmente il nostro ruolo è destinato ad essere quello che Leonardo Sciascia aveva individuato nella metafora della candela: inutile in mezzo alle luci al neon ma punto di riferimento durante un corto circuito.
Anche per questo credo che liste radicali di lotta per la democrazia, per lo stato di diritto, per la legalità e per gli Stati Uniti d’Europa vadano presentate dove possibile alle prossime elezioni, senza paura delle percentuali che in questo stato di non agibilità democratica non rappresentano nulla.Grazie.