Il regno di Giovanni Comneno (1118-1153)
Alla morte di Alessio, suo figlio Giovanni divenne Imperatore di Bisanzio. Venezia, per tutelare i suoi interessi economici, inviò immediatamente un’ambasciata a Costantinopoli per rinnovare gli accordi commerciali presi in passato. I mercanti lagunari si erano accorti di quanto potesse essere vantaggioso e florido quel mercato, e tale era la ricchezza che avevano incamerato in poco tempo, che divennero superbi tanto che «trattavano alle stessa maniera un cittadino e un servo», come ci ricordano le fonti coeve.
Giovanni decise quindi di congelare il trattato commerciale con i lagunari, tanto erano divenuti superbi e il loro comportamento intollerabile nella capitale. La minoranza latina riottosa dimostrò anche una certa esuberanza, quando, di nascosto, trafugarono il corpo di santo Stefano protomartire da una chiesa di Costantinopoli e lo portarono in patria. All’inizio Venezia non reagì, ma colse l’occasione quando Baldovino II, re di Gerusalemme, chiese aiuto per difendere il regno latino in Palestina. Venne inviata una robusta flotta con a capo lo stesso doge, nella persona di Domenico Michiel, che partì nell’agosto del 1121 con a bordo ben quindicimila uomini.
L’esercito veneziano tentò un primo attacco all’isola di Corfù ma non riuscì nella cattura della cittadella difesa dagli imperiali, proseguì per la terra santa, dove ottenne diversi successi. Nel 1124, ritornò presso le coste bizantine e colpì nuovamente; Rodi venne saccheggiata, così come Chio, Samo, Lesbo e Andro, le scaramucce durarono fino alla primavera seguente quando la flotta ritornò a Venezia. Nell’agosto del 1126 si arrivò ad un accordo tra le parti. La base della trattativa rimase la crisobolla di Alessio, almeno per quanto riguardava i diritti commerciali, ma venne integrata con degli obblighi che i veneziani dovevano rispettare nei confronti di Bisanzio, e così venne siglata la riappacificazione.
Il regno di Manuele I Comneno (1143-1181)
Manuele I Comneno divenne imperatore di Bisanzio quando suo padre Giovanni morì l’8 aprile del 1143. Anche il nuovo basileus, non rinnovò il trattato con i Veneziani. Non vi fu però alcuna forma di rappresaglia tanto che si può pensare a delle trattative riservate tra le due parti che però non portarono a nulla di concreto.
Il 1147 fu un anno terribile per il governo imperiale, il re normanno di Sicilia, Ruggero II, conquistò Corfù e depredò le ricche città di Tebe e Corinto mentre Manuele era impegnato con la seconda crociata. Appena le truppe latine uscirono dai confini imperiali per arrivare in terra santa, il basileus riorganizzò le forze per colpire i Normanni e anche in questa caso chiamò Venezia che rispose alla richieste allestendo una flotta. Il nuovo trattato, donato da Manuele, concepiva un ampliamento del quartiere veneziano a Costantinopoli e un nuovo scalo marittimo, oltre alle già pregresse concessioni commerciali. In cambio Venezia si impegnava a garantire una flotta che avrebbe aiutato quella bizantina e l’esercito imperiale.
Nel 1167, Manuele, dopo che i suoi tentativi di riconquistare gli antichi domini in Italia meridionale erano svaniti velocemente, si lanciò nella riconquista della costa dalmata. Nel luglio dello stesso anno ottenne una importante vittoria su Stefano III d’Ungheria, così che la Dalmazia, la Croazia, la Bosnia e Sirmio con tutto il suo territorio, passarono sotto il controllo imperiale, rafforzando così l’egemonia di Bisanzio nella penisola balcanica. Questo fatto allarmò Venezia che considerava, come proprio, il controllo sul litorale adriatico e cambiò politica estera avvicinandosi ai Normanni.
Lo sposalizio tra i due figli del doge e le principesse ungheresi, fu il primo passo di questa nuova politica, tanto che, quando arrivarono gli ambasciatori imperiali, il doge rifiutò l’aiuto richiesto da Manuele. La situazione rimase abbastanza incerta, finché il 12 marzo del 1171 l’imperatore ordinò l’arresto di tutti i veneziani residenti nella Basileia e il conseguente esproprio dei loro beni. Le cifre parlano chiaro: si trattò di una rappresentazione di efficienza della burocrazia imperiale, infatti ben diecimila persone nella sola città di Costantinopoli vennero incarcerate.
La reazione non si fece attendere. Venezia armò una potente flotta con a capo Vitale Michiel che conquistò velocemente diverse postazioni sulla costa bizantina. Manuele mandò degli ambasciatori per temporeggiare con i venetici, e il piano riuscì perfettamente. I veneziani caddero nella trappola ordita dallo sclatro imperatore e dovettero ritornare in patria a mani vuote. Il Basileus era riuscito a liberarsi dei lagunari che però non demordevano, essi infatti tentarono ogni possibile carta politica per riuscire a ricostruire la loro egemonia commerciale.
Dopo vari tentativi andati a vuoto, i Veneziani firmarono con il re di Sicilia un’alleanza e questo sembrò smuovere Manuele che nel 1179 accettò i negoziati. Secondo Niceta Coniata, l’imperatore risarcì gli ex-alleati con svariati doni.
Scoppia l’odio verso i Latini
La situazione peggiorò ulteriormente quando morì il Comneno. Manuele aveva lascianto sul trono il suo unico figlio maschio, chiamato Alessio, e come tutrice sua moglie di origini normanne. Essi, però, finiro presto uccisi dal cugino Andronico, conosciuto come un leader anti-veneziano, che divenne il nuovo imperatore a Bisanzio. L’odio antilatino scoppiò ferocemente nella capitale e vennero trucidati quasi tutti gli “estranei”, colpevoli, secondo i locali, di essersi arricchiti alle spalle dei bizantini.
Questo atteggiamento di rivalsa da ambedue le parti fu così radicato e così sentito che portò alla quarta crociata, con danni nefasti per il decadente impero bizantino e con grandi glorie e ricchezza per la nascente potenza veneziana.