Lo scenario. L’attesa. Tutto un sentimento collettivo sullo sguardo reciproco degli Eroi.
Assonnati telespettatori in attesa di guizzi, assennati più o meno tifosi e critici televisivi sedicenti, analisti politici da bar o da accademia, ansimanti contro il politichese ancora una volta catturati. Gente che con un occhio lì e un altro là, ma sempre con l’occhio lì. Questo era il pubblico. Era troppo grande l’occasione, perderla non si poteva.
Berlusconi-Santoro, San-toro e il torero, Granada di Claudio Villa e granate dialettiche, tutto lì attorno sembrava appannato dal sublime dell’evento, persino Travaglio nei travagliamente inusuali empiti lirici. A tratti trasognante, aiutante aiutato dall’Eroe nella battaglia finale contro il Nemico.
La fossa dei leoni, leoncini tenuti a bada dal conduttore e ragazzi “che non vi fate abbindolare” detto da colui che per molti fu supremo abbindolatore. Lei abbindola, no tu abbindoli. Ma chi vuole abbindolare, lei!
La corrida a tratti. E persino quel non so che di complicità che solo i nemici veri sanno avere.
L’Imu di Monti, no l’Imu tua, a monte l’Imu, lettere della Bce-de-chè e autocomplotti. Crisi nera, un paese a rotoli, l’imprenditrice contro la moneta unica che riecheggia i complotti bilderberghisti. Un Berlusconi simil Barnard che le dà ragione. E ancora, rogne giudiziarie e le aduse risposte, Dell’Utri brava persona numero uno dei libri antichi e “ci ha pure 4 figli”. Rubirubacuori e dipendenti Mediaset rubizzi di rabbia per i ricollocamenti aziendali, forse questo fu il momento più nuovo. Per l’altro, soltanto una sintesi di una lunga storia. Una sintesi pur maestosa, una Summa, diciamo.
Summa berlusconis. Ludus Magnus santori.
E’ che tutto, ogni contenuto, ogni concetto, è apparso già sentito, stagionato, in secondo piano rispetto all’epica stessa della sfida. Prevedibile e previsto, del contenuto rimase poco e della forma fu la predominanza, la rutilanza, il groppo in gola e l’emozione, la sorpresa, il discorso da bar e l’analisi editorialistica. Venti anni di berlusconeide riassunti in tre ore di ring, attese per almeno dieci anni.
Qui non è stata solo politica-spettacolo. Qui c’è stato lo spettacolo ebbbasta. Rappresentazione. Ribalta scenica di Eroi e antagonisti e aiutanti e bonaiuti. Attesa, durata, scioglimento. Preparazione, tensione, esplosione.
Un ring di gladiatori in cravatta. Un teatro dove l’attore è sé stesso, la sua persona reale. L’apoteosi di una lunga sfida, l’esaltazione all’ennesima potenza dei personaggi. Tutto vero, tutto lontano. Tutto fatto benissimo, complimenti. Niente che cambia la vita del mondo.
Appunto, uno spettacolo. Assisti, ti diverti nell’esaltato gioco delle figure, poi lo commenti. Mancano l’arbitro e il punteggio, quindi il vincitore in fin dei conti lo decidi tu. Ancora meglio che una partita di calcio, dove qualcuno che perde c’è sempre. Qui può vincere chi vuole, basta cambiare il punto di vista.
Il momento catartico?
Sapere che, in fondo, è solo uno spettacolo. Di ottima fattura, ma uno spettacolo.